Costa: «Con lui una chiesa povera tra i poveri»
Gioia, commozione e meraviglia l’altra sera tra i gesuiti del Centro San Fedele, alle spalle del Duomo, nel cuore di Milano. Padre Giacomo Costa, teologo, politologo e direttore della rivista “Aggiornamenti Sociali” – che è anche un sito internet e un importante pensatoio all’ombra della Madonnina – vive con sincero stupore i momenti successivi all’elezione di Francesco, il primo papa gesuita. Gli chiediamo di aiutarci a conoscerlo meglio e di capire a che tipo di spiritualità si ispira.
«In Argentina – spiega padre Giacomo – il cardinale Bergoglio si è meritato la fama di uomo deciso e di carattere. Una fama che si è guadagnato sul campo come provinciale della Compagnia dal 1973 al 1979 prima e come arcivescovo di Buenos Aires poi. È un uomo determinato, abituato ad andare fino in fondo. L’annuncio del Vangelo e l’attenzione ai poveri – osserva ancora il teologo gesuita – sono sempre stati i due pilastri della sua azione pastorale come Provinciale e poi nella sua diocesi e del resto sono diventati una caratteristica dei gesuiti argentini. Sono sincero – ammette padre Costa – non mi aspettavo un Papa gesuita e non me lo aspettavo certo in questo momento, anche perché era l’unico cardinale della Compagnia di Gesù presente in Conclave e non è più giovanissimo».
Un Papa che viene dalla Compagnia di Gesù è dunque una grande novità. Ma cosa significa? «È una novità anzitutto per quanto riguarda la concezione del potere. I gesuiti infatti non possono ricoprire cariche ecclesiali, la Compagnia concede deroghe solo quando vengono richieste dal Papa. La Compagnia è al completo servizio della Chiesa, quindi papa Bergoglio porta sul soglio di Pietro questa logica. Che forse non piacerà a certi apparati di potere, ma certo per me è la prima grande novità». Annuncio del Vangelo, attenzione ai poveri e spirito di servizio unito, aggiungiamo noi, alla grande cultura dei gesuiti sono dunque i primi tratti distintivi del nuovo Papa. Per le altre novità padre Costa torna ai momenti emozionanti della prima apparizione di papa Jorge Mario dalla loggia centrale dopo l’habemus papam.
«Ho trovato bellissimo il nome che ha scelto. Francesco era proprio il nome che la gente comune si attendeva dal nuovo Pontefice. È il nome per la guida di una Chiesa che sa tornare povera in mezzo al popolo, di cui in tanti sentivamo il bisogno. È un segno di umiltà ed è probabilmente già un altro pezzo di programma del suo Pontificato che dimostra di essere in sintonia già in partenza con i fedeli, ma trovo anche che sia in linea con il suo stile e con la sua persona». E colpisce il direttore di “Aggiornamenti Sociali” anche quel riferimento al Papa come vescovo di Roma, Chiesa che presiede le altre Chiese nella carità.
«insieme alla scelta del nome Francesco, costituisce un richiamo forte e innovativo allo spirito del Concilio Vaticano II. È un’indicazione programmatica anche questa: la Chiesa di Roma si deve mettere al servizio delle altre in armonia e fratellanza. E questa logica di servizio papa Bergoglio la trae proprio dalla spiritualità di sant’ignazio. Ecco, spero che riesca a trasmetterla a tutta la Chiesa, in questo momento ne abbiamo davvero molto bisogno».
Gioia, commozione e meraviglia l’altra sera tra i gesuiti del Centro San Fedele, alle spalle del Duomo, nel cuore di Milano. Padre Giacomo Costa, teologo, politologo e direttore della rivista “Aggiornamenti Sociali” – che è anche un sito internet e un importante pensatoio all’ombra della Madonnina – vive con sincero stupore i momenti successivi all’elezione di Francesco, il primo papa gesuita. Gli chiediamo di aiutarci a conoscerlo meglio e di capire a che tipo di spiritualità si ispira.
«In Argentina – spiega padre Giacomo – il cardinale Bergoglio si è meritato la fama di uomo deciso e di carattere. Una fama che si è guadagnato sul campo come provinciale della Compagnia dal 1973 al 1979 prima e come arcivescovo di Buenos Aires poi. È un uomo determinato, abituato ad andare fino in fondo. L’annuncio del Vangelo e l’attenzione ai poveri – osserva ancora il teologo gesuita – sono sempre stati i due pilastri della sua azione pastorale come Provinciale e poi nella sua diocesi e del resto sono diventati una caratteristica dei gesuiti argentini. Sono sincero – ammette padre Costa – non mi aspettavo un Papa gesuita e non me lo aspettavo certo in questo momento, anche perché era l’unico cardinale della Compagnia di Gesù presente in Conclave e non è più giovanissimo».
Un Papa che viene dalla Compagnia di Gesù è dunque una grande novità. Ma cosa significa? «È una novità anzitutto per quanto riguarda la concezione del potere. I gesuiti infatti non possono ricoprire cariche ecclesiali, la Compagnia concede deroghe solo quando vengono richieste dal Papa. La Compagnia è al completo servizio della Chiesa, quindi papa Bergoglio porta sul soglio di Pietro questa logica. Che forse non piacerà a certi apparati di potere, ma certo per me è la prima grande novità». Annuncio del Vangelo, attenzione ai poveri e spirito di servizio unito, aggiungiamo noi, alla grande cultura dei gesuiti sono dunque i primi tratti distintivi del nuovo Papa. Per le altre novità padre Costa torna ai momenti emozionanti della prima apparizione di papa Jorge Mario dalla loggia centrale dopo l’habemus papam.
«Ho trovato bellissimo il nome che ha scelto. Francesco era proprio il nome che la gente comune si attendeva dal nuovo Pontefice. È il nome per la guida di una Chiesa che sa tornare povera in mezzo al popolo, di cui in tanti sentivamo il bisogno. È un segno di umiltà ed è probabilmente già un altro pezzo di programma del suo Pontificato che dimostra di essere in sintonia già in partenza con i fedeli, ma trovo anche che sia in linea con il suo stile e con la sua persona». E colpisce il direttore di “Aggiornamenti Sociali” anche quel riferimento al Papa come vescovo di Roma, Chiesa che presiede le altre Chiese nella carità.
«insieme alla scelta del nome Francesco, costituisce un richiamo forte e innovativo allo spirito del Concilio Vaticano II. È un’indicazione programmatica anche questa: la Chiesa di Roma si deve mettere al servizio delle altre in armonia e fratellanza. E questa logica di servizio papa Bergoglio la trae proprio dalla spiritualità di sant’ignazio. Ecco, spero che riesca a trasmetterla a tutta la Chiesa, in questo momento ne abbiamo davvero molto bisogno».