Roma. Concerto per il Papa: le radici ignaziane di Francesco
Un concerto per esprimere la gioia per l’elezione a vescovo di Roma di Jorge Bergoglio e manifestargli sostegno e vicinanza. Così il 18 aprile scorso i gesuiti della Provincia di Italia si sono stretti idealmente intorno al loro confratello Papa. “Lo stile e la storia di papa Francesco ci fanno sentire a nostro agio, ci sentiamo nella Chiesa come a casa nostra”: ha detto padre Francesco De Luccia, economo della Provincia e rettore della Chiesa di Sant’Ignazio.
La scelta della basilica dove tenere l’evento non è stata casuale. “Questa chiesa, con quella del Gesù, sono luoghi fondamentali per la Compagnia”, ha ricordato padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana. Ricordando la sorpresa con cui i gesuiti hanno accolto la notizia (“stiamo cercando di capire cosa vuol dire essere al servizio di un Papa che è anche nostro confratello”), Lombardi ha letto il primo mese di pontificato di Francesco proprio alla luce delle sue radici spirituali ignaziane. La visita a Santa Maria maggiore il giorno dopo l’elezione (dove Ignazio ha celebrato la prima messa nella notte di Natale); la preghiera nella cappella del crocifisso nella basilica di san Paolo (dove il fondatore dei gesuiti e i primi compagni fecero professione di fede dopo l’approvazione papale); i tre verbi usati nella prima messa da Papa, con i cardinali, nella Cappella Sistina – camminare, edificare, confessare – che richiamano la visione di Ignazio a La Storta, rappresentata nella pala dell’altare della basilica; e l’idea di Chiesa espressa con urgenza dal cardinal Bergoglio, nelle Congregazioni prima del Conclave, dove ha parlato della necessità di un annuncio del Vangelo fino ai confini del mondo, messaggio splendidamente riprodotto nella volta della basilica di sant’Ignazio dove un raggio di luce esce dal cuore del crocifisso, raggiunge quello di Ignazio e si diffonde in tutto il mondo.
Un intervento, quello di padre Lombardi, che ha “fatto parlare questa chiesa non solo per quello che ha rappresentato nel passato, ma anche per quello che oggi ci dice”, ha commentato Matteo Zuppi, vescovo per la zona Roma centro. Il quale ha ricordato come la ritrovata freschezza che oggi vive la Chiesa è dovuto anche alla scelta “grande e umile di Benedetto XVI”. Durante la serata, alla presenza di numerose autorità civili e religiose, si sono susseguite musiche di Domenico Zipoli, gesuita missionario in America Latina e alcuni inni e brani per organo, flauto, soprano e tenore, come il celebre Mission di Ennio Moricone. Di particolare interesse è stato l’intervento del gruppo musicale “Vera Luz y Norte Musical”, diretto da Claudio Zonta SJ, formato da un gruppo di musicisti e rifugiati provenienti da diverse aree geografiche e nato nell’ambito delle attività del Centro Astalli. “Dà gioia sentire parlare di una Chiesa povera che è esplicitamente attenta agli ultimi, a chi subisce violenza”, ha detto nel suo intervento il presidente del Centro Astalli, padre Giovanni La Manna. Il quale ha condiviso con i presenti l’emozione, e il conforto, avuto dalla telefonata di papa Francesco, in risposta alla lettera di invito a incontrare i rifugiati del Centro: “Verrò, saluta i rifugiati da parte mia”.