Magis. Benin, un viaggio in verticale
Dodici persone diverse, un’unica esperienza per 24 giorni in Benin: uscire da sé per incontrare l’altro. Dal 5 al 29 agosto, tutti in cammino per conoscere e scoprire un angolo di Africa; un’esperienza di solidarietà internazionale, organizzata dal Magis, un piccolo contributo personale di tempo, energie e servizio messe a disposizione di tanti attraverso diverse attività di servizio, uno scambio interculturale in cui l’apertura agli altri ha permesso delle piccole grandi trasformazioni personali. Il campo ha lasciato un’eco profonda in quelle che hanno partecipato. Di seguito, pensieri condivisi di alcuni partecipanti.
“Il viaggio é un concetto strano, molti non si fermano a riflettere sulla domanda più essenziale: « Perché mi metto in viaggio?» E allora si viaggia spesso orizzontalmente, cercando di vedere più luoghi possibili, di esplorare, conoscere, accumulare esperienze o frammenti di vita da possedere e riportare a casa. Ci si muove sulla superficie, cercando di coprirne il più possibile e crescere nelle proprie esperienze. Poi vi é un altro modo di viaggiare. Si può viaggiare verticalmente, incrociando gli occhi delle persone che ti circondano, assaporandone il sorriso, stringendo una mano, o anche semplicemente ascoltando cos’hanno da dire. Per far questo non occorre spostarsi. Non si tratta più di possedere qualcosa o qualcuno, ma di aprirsi a una relazione che richiede uno sforzo in più. Vedere il proprio sorriso non compreso, donare e donarsi senza sapere bene come. Insomma, mettersi in gioco grattando la superficie alla scoperta di una qualche gemma preziosa che é importante custodire, se pur non evidente al primo sguardo. E’ a un viaggio del genere che si sentono chiamate quelle dodici persone” dice Alberto Patella. E Chiara e Sandro, coppia di sposi, coppia di sposi, aggiungono: “Siamo qui, in Africa, per la seconda volta perché toccare con mano questa realtà così diversa e distante dalla nostra ci ricorda che non siamo noi i padroni della nostra vita e tutto ciò che possediamo non è una nostra conquista bensì un dono. E allora il motore che ci spinge è, infatti, la riconoscenza”. Infine la testimonianza di Cinzia Calandriello:“Talvolta i paesaggi esterni sono in grado di creare un movimento che altrove avrebbe difficoltà a esprimersi; immagini nuove che suscitano emozioni nuove…Lasciarsi attraversare appieno da queste immagini per suscitare le reazioni più viscerali, per far vibrare le corde che riguardano anche il nostro vissuto. Ogni immagine che ci suscita un’emozione, in qualche modo evoca qualcosa di noi…E in Africa tutte le rievocazioni si avvertono all’ennesima potenza se solo ci si lascia andare, al sorriso, al pianto, allo stupore, alla rabbia…ogni emozione viene fuori al massimo per essere poi ridimensionata, placata, per reinserirsi nel flusso della realtà e della quotidianità… I momenti più difficili sono stati quelli nei quali non riuscivo ad arrivare agli altri e non li sentivo perché concentrata sui miei bisogni e sulle mie dinamiche. Solo quando si fa il passo per uscire dal proprio egocentrismo e condividere con l’altro il lavoro che si sta facendo e l’allegria che si sta provando, ci si libera…. Vorrei concludere con una frase che scrissi quando decisi di intraprendere questo viaggio: “l’illusione di poter cambiare il mondo ti spinge a muoverti, la disillusione di ciò ti fa iniziare a costruirlo”! “.