Gesuiti, al via la campagna per la scolarizzazione dei bambini rifugiati
«Accogliere, proteggere, promuovere e integrare». A partire dall’invito di Papa Francesco, il Jrs (Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati) insieme ad Entreculturas lanciano, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato promossa dall’Onu, la campagna “4 Words to Open the World (4 Parole per aprire il mondo)” volta a difendere il diritto all’istruzione di tutti i minori costretti ad abbandonare la propria terra.
«In Paesi come il Libano, il Sud Sudan, il Ciad e la Repubblica Centrafricana – riferisce una nota – il Jrs ed Entreculturas danno concreta espressione a queste quattro parole con il loro servizio agli sfollati con la forza, in particolar modo attraverso progetti educativi. Grazie a programmi che spaziano dall’educazione formale all’informale, dalla scolarizzazione nella prima infanzia alla formazione di insegnanti, diamo forma a un’educazione capace di rispondere alle esigenze dei rifugiati, infondendo in loro speranza».
Le scuole sono infatti «luoghi sicuri in cui i bambini possono instaurare rapporti con i loro pari, crescere superando i traumi, e riconquistare un senso di normalità e stabilità nonostante la situazione di sfollamento. L’istruzione è un modo per monitorare e favorire la loro sicurezza e il loro benessere. La frequenza scolastica evita che i bambini siano esposti a rischi come lo sfruttamento sul lavoro o quello sessuale, il reclutamento da parte di gruppi armati, o i matrimoni precoci».
«L’educazione – sottolinea ancora il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati – svolge un ruolo di primissimo piano nel dare forza vitale e perfino nel salvare vite umane. Negli stati di emergenza, così come nelle situazioni protratte nel tempo che vedono i rifugiati a lungo sfollati, a causa delle carenze educative possono andare sprecate intere generazioni». I bambini rifugiati hanno infatti, rispetto ai bambini non rifugiati, cinque volte più probabilità di non essere scolarizzati. Al paragone con il 91 % dei bambini del mondo, solo il 61% dei bambini rifugiati può frequentare la scuola primaria.
«Mi piace veramente tanto andare a scuola», dice Ali, rifugiato siriano che frequenta una delle scuole dei gesuiti in Libano. «Non voglio rinunciare. La mia unica speranza per il futuro è quella di imparare a leggere e scrivere». Ascoltando le parole di Ali e di tanti bambini della sua età, Jrs ed Entreculturas sottolineano quindi l’urgenza di «incrementare le possibilità di accesso dei bambini rifugiati alla scolarizzazione». L’appello va alle autorità e alla comunità globale affinché si impegnino «nel provvedere accesso all’istruzione ai bambini rifugiati, in modo tale che possano sentirsi accolti, siano promosse le loro doti e capacità, abbiano consapevolezza di essere protetti, e siano preparati a integrarsi nelle comunità ospitanti».