Idai, dopo la tempesta
A tre mesi dal disastro provocato dal ciclone, bisogna andare oltre la fase emergenziale e si lavora pensando a lungo termine. Attraverso il sito dedicato Beyond Cyclone Idai i gesuiti della Provincia dello Zimbabwe Mozambico danno conto dei risultati raggiunti ed espongono il loro piano di intervento per dare una risposta coordinata.
È arrivato di notte, il ciclone Idai, la notte tra il 14 e il marzo. Dietro di sé ha lasciato un’impronta di morte e devastazione in Mozambico, soprattutto, ma anche nei vicini Malawi e Zimbabwe. Centinaia i morti, migliaia gli sfollati, case distrutte, infrastrutture azzerate, coltivazioni spazzate via e, come se non bastasse, una successiva epidemia di colera, propagatasi rapidamente colpendo più di 4mila persone: è questo è il drammatico scenario dopo il passaggio del ciclone.
A quasi tre mesi dal disastro, la situazione resta critica per le migliaia di sfollati che hanno perso tutto con le inondazioni e per gli ingenti danni alle infrastrutture e alle coltivazioni dei paesi colpiti.
I gesuiti del Sudafrica, Zimbabwe e Mozambico, insieme, si sono attivati immediatamente per far fronte all’ emergenza e, data la vastità dei danni, hanno unito i propri sforzi a quelli dei governi locali, delle agenzie delle Nazioni Unite, delle ONG e delle altre organizzazioni religiose. Da subito è stata avviata una raccolta fondi per fornire assistenza immediata agli sfollati, per il ripristino delle infrastrutture idriche e sanitarie danneggiate, delle reti elettriche e di trasporto, delle comunicazioni e per la raccolta di scorte alimentari destinate ai campi profughi.
Anche la Provincia Euro Mediterranea (EUM) con il Magis ha avviato fin dai primi giorni una raccolta fondi per sostenere gli sforzi dei gesuiti locali e oggi ringrazia tutti i donatori che hanno dato il proprio generoso contribuito.
Oltre l’emergenza
A tre mesi dal disastro bisogna andare oltre la fase emergenziale e si lavora pensando a lungo termine, alla ricostruzione materiale e morale delle comunità colpite. Attraverso il sito dedicato Beyond Cyclone Idai i gesuiti della Provincia dello Zimbabwe Mozambico danno conto dei risultati raggiunti ed espongono il loro piano di intervento per dare una risposta coordinata; una risposta che si articola in tre fasi:
Risposta iniziale: lavorare con i partner attuali e raccolta di fondi a livello locale;
Recupero e restituzione della dignità: strutture in loco per la consulenza e il sostegno psicosociale; distribuzione di materiali da costruzione e NFI (Non Food Items); attività di formazione sulla protezione dei bambini; aiuto alimentare;
Ricostruzione: sviluppo di progetti a lungo termine per il sostegno in termini di mezzi di sussistenza; infrastrutture educative e mediche.
L’istruzione in primo piano
Un ruolo fondamentale nella fase di ricostruzione avrà la formazione: nei paesi colpiti sono previsti significativi interventi di sostegno in ambito formativo. I sistemi educativi locali, infatti, sono particolarmente deboli, si registrano alti tassi di abbandono scolastico e l’analfabetismo sia letterale sia matematico è molto diffuso. Poiché i vincoli sono soprattutto di natura economica, un sostegno economico per garantire l’accesso ai libri di testo è considerato un intervento particolarmente efficace.
Allo stesso tempo, si avvieranno anche programmi di alimentazione integrativa nelle scuole elementari dove i gesuiti sono presenti. I bambini che soffrono la fame hanno infatti maggiori difficoltà di apprendimento.
Progetti a lungo termine
È previsto anche un impegno a stanziare fondi per la preparazione di proposte di progetti di ricostruzione a lungo termine che facciano leva sulle istituzioni gesuite per lo sviluppo sul campo nei tre paesi. Tali proposte scaturiranno dalle consultazioni con i principali operatori, la chiesa, le agenzie governative e si avvarranno delle infrastrutture di formazione disponibili presso l’ESIL, in Mozambico, delle infrastrutture agricole a Kasisi, nello Zambia, dell’esperienza di sviluppo della Silveira House in Zimbabwe e della JCED in Malawi.
L’investimento in tali strutture di formazione e programmi transnazionali consentiranno a questi paesi di disporre di un pool di persone competenti in grado di rispondere con strategie a lungo termine per migliorare le opportunità di sostentamento nelle proposte agricole, zootecniche e di allevamento.