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India. I gesuiti e i diritti di chi lavora per un euro al giorno

Secondo le direttive della Suprema Corte dell’India a partire dal 2001, il governo indiano ha iniziato molti progetti di aiuto alimentare per i poveri, in particolare attraverso un sistema di distribuzione pubblica, chiamato PDS. Tuttavia con il criterio di classificare la gente secondo le categoria del “Sopra la linea di povertà” (APL) e “Sotto la linea di povertà” (BPL), la grande maggioranza dei poveri e dei miseri lavoratori delle piantagioni di tè nel Nord del Bengala Occidentale, sono inclusi nella categoria APL, e quindi esclusi dagli aiuti. E questo nonostante la paga da fame di 85-90 rupie (poco più di un euro) al giorno e solamente per sei giorni la settimana. Di qui la malnutrizione, problemi di salute, disoccupazione, sommosse, migrazione forzata e aumento del traffico umano. Per mettere in rilievo le lamentele dei lavoratori del tè e dei contadini del Bengala Occidentale, è stata organizzata una manifestazione a Siliguri, con il patrocinio dell’organizzazione “Campagna per il Diritto al Cibo nel Bengala Occidentale”. Vi hanno partecipato più di 2500 persone provenienti da Darjeeling, Jalpaiguri e altri distretti della regione. I Padri gesuiti Shiju Mathew, Pascal Xalxo e Joe Victor hanno lavorato molto per il successo di questa campagna, assumendo rispettivamente il ruolo di economo, animatore e segretario. E’ stato per loro interessante lavorare in rete con tante ONG (organizzazioni non governative) laiche, sindacalisti e anche con alcuni religiosi più sensibili nel reclamare il diritto al cibo, con la partecipazione anche della signora Anuradha Talwar, consigliere della Corte Suprema per il PDS.

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