Il giorno dopo, l’8 luglio, la Curia della Compagnia di Gesù di Haiti ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime pubblicamente la sua lettura non solo dell’assassinio, ma della situazione più generale in cui si trova il Paese. Il titolo e il sottotitolo della dichiarazione presentano già chiaramente il punto di vista dei gesuiti haitiani: L’assassinio del presidente di Haiti, Jovenel Moïse: specchio del caos socio-economico e politico di una società. Un invito a testimoniare la speranza del Risorto in mezzo all’angoscia umana.
Ecco alcuni estratti da questa dichiarazione.
Questo evento è tutt’altro che un atto isolato: si svolge in un contesto di crisi generale, di violenza cieca, di occupazione di quasi un terzo del territorio della capitale da parte di bande armate, di paralisi quasi totale della vita politica, economica e culturale del paese. È un indicatore del disordine di una società, la logica continuazione di una sorprendente e triste escalation che ha subito un’accelerazione negli ultimi mesi.
Questa situazione è descritta nella dichiarazione del 18 dicembre 2020 dei gesuiti. In essa, abbiamo lanciato l’allarme e fatto appello agli attori nazionali e internazionali interessati. Mentre aggrava il caos in cui il Paese è impantanato, l’assassinio del presidente Moïse rimane anche uno specchio che riflette i grandi problemi che paralizzano la società di oggi: la grave crisi della sicurezza, il crollo delle istituzioni, il vuoto costituzionale, il profondo discredito della politica e il rifiuto del capo dello Stato da parte di una gran parte della popolazione, la “gangsterizzazione” degli abitanti dei quartieri popolari delle città e del mondo rurale come strategia politica, la polarizzazione della vita politica, l’amaro fallimento degli attori internazionali, l’egoismo e la grettezza di una buona parte dell’onnipotente oligarchia economica. (…)
Il Presidente ha sperimentato un tasso di impopolarità raramente registrato da un capo di Stato nella storia politica del Paese. Il crollo dell’economia e le sue dure ripercussioni sulla popolazione, specialmente sui settori emarginati maggioritari, (…) la sua mancanza di esperienza politica e la sua catastrofica gestione della crisi, e in special modo la sua relazione con le bande, hanno purtroppo annunciato la tragica fine dell’esperienza politica di questo giovane imprenditore. (…) Il suo assassinio crea una situazione vicina al caos.
È in questo contesto speciale, fatto di angoscia e incertezza, di sofferenza ma anche di speranza, che noi, gesuiti di Haiti, siamo chiamati ad annunciare il Cristo risorto, vincitore del male, della violenza, della menzogna e della morte; ad incarnare le Preferenze Apostoliche Universali della Compagnia di Gesù. Una tale situazione ci fa capire i nostri limiti umani, la nostra impotenza; ma allo stesso tempo ci invita ad affidarci alla grazia del Signore, che non viene mai meno, per vivere autenticamente la nostra missione di far crescere la vita e far germogliare la speranza nel cuore delle donne e degli uomini del nostro Paese, soprattutto dei più giovani. Così, continueremo a partecipare al processo di guarigione e riconciliazione della grande famiglia haitiana affinché possa finalmente sperimentare la liberazione integrale e ritrovare il gusto della vita. Non c’è bisogno di dirvi che contiamo anche sulla vostra attiva solidarietà fraterna.
Che il Signore benedica il nostro Paese; che ci conceda pace, consolazione e serenità!