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.Popoli: Può esistere una guerra giusta?

Nell’ultimo numero della rivista Popoli, il biblista Silvano Fausti SJ, risponde  alla domanda posta da un lettore: Può esistere una guerra giusta?
In questi anni si sono moltiplicate le cosiddette «missioni internazionali di pace» in cui eserciti occidentali vengono inviati a sostenere processi di pace in Paesi del Sud del mondo sconvolti da conflitti. Alla luce del Vangelo e della dottrina della Chiesa, quando si può ritenere lecito un intervento di questo tipo? Ha ancora senso parlare di «guerra giusta»?
Mauro De Vecchi
Milano

La questione oggi è scottante: come aiutare il grande moto libertario, esploso nel mondo arabo contro le dittature? La libertà vale più della vita! Rinunciare alla libertà è perdere la propria dignità. Ai politici coscienti tocca la fatica di trovare mezzi efficaci per appoggiare questa liberazione in atto. Bisogna intervenire in modo adeguato, per non cadere dalla padella nella brace.
È doveroso fare missioni di pace in zone di conflitto. Ma solo per creare condizioni di libertà, giustizia e riconciliazione. Se questo è il fine, bisogna fare attenzione al modo e ai mezzi. Tali missioni sono spesso un modo ipocrita per mantenere vivo un conflitto a spese altrui. Così si tengono in mano una nazione e le sue risorse, si sperimentano e vendono armi… Armamenti e soldati sono la spesa maggiore di ogni Stato, a detrimento della nazione, privata di risorse necessarie per servizi utili.
La guerra, sommo male, è contro il comandamento fondamentale: «Non uccidere». Dio vuole pace tra i suoi figli. Con la sua croce Gesù è venuto a distruggere «in se stesso l’inimicizia»: «Egli è la nostra pace» (Efesini 2,16.14). Il Catechismo della Chiesa cattolica (nn. 2307-2317) dice anche: «Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa». Questo però a condizione che non ci sia altro mezzo, che si concluda in fretta e che ripari l’ingiustizia senza crearne di peggiori.
L’espressione «guerra giusta» è una contraddizione. Ogni guerra nasce da ingiustizie e ne genera altre. Per questa va evitata in tutti i modi. La seguente metafora mostra quanto è turpe e stupida la «guerra giusta»: «Come un eunuco che vuol deflorare una ragazza, così chi vuol render giustizia con la violenza» (Siracide 20,4).
L’accumulo di armi non dà sicurezza. Ciò che una volta poteva essere un deterrente, ora è un detonatore: ci può far saltare per aria tutti. Noi oggi siamo in grado di distruggere il mondo più e più volte. Ognuno sta su una polveriera collegata a tutte le altre. Un pazzo può provocare la scintilla che può bruciare tutti. È vero, bisogna stare attenti agli «Stati canaglia»: potrebbero usare bombe atomiche. Peccato che per ora le abbiano usate solo quelli che hanno inventato questa espressione applicandola ad altri, normalmente armati (anche) da loro.
«Se vuoi la pace, prepara la guerra»: è la più grande menzogna. Guerra genera guerra, non pace. Smascherando ogni mistificazione, si litiga perché si vuole la stessa cosa: appropriarsi di ciò che l’altro ha. La guerra è sempre voluta dal più forte a discapito del più debole. Se non cambiamo logica, la distruzione è a portata di mano. I mezzi di comunicazione, usati per globalizzare economia, violenza e stupidità, si possono usare anche per una nuova economia mondiale a servizio dell’uomo, presupposto necessario per una cultura di pace e di non violenza.
I moti libertari in atto nel mondo arabo non vogliono la guerra: sono un tentativo legittimo di uscire dalla violenza dei dittatori. Questi, nel momento decisivo, tirano fuori gli artigli e il veleno che hanno in corpo per non perdere il potere. È nostro dovere renderli innocui e far sì che la libertà non continui a essere conculcata. Anche se, per miopi interessi immediati, risulterà sempre più comodo appoggiarli.
Silvano Fausti SJ
22 giugno 2011

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