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Quell’insolita “arca” al centro di Roma

Via del Caravita 8/a, Roma. Qui la comunità dei padri gesuiti ha osato rispondere all’invito di Papa Francesco del 2015, anno della vita consacrata: «Aspetto da voi gesti concreti di accoglienza dei rifugiati».

Subito quell’esortazione ha fatto breccia e toccato i cuori. Gli spazi esistenti sono stati risistemati e sono divenuti casa per tanti. Giovani e famiglie in cerca di speranza hanno attraversato le porte sempre aperte della comunità e trovato casa e famiglia. Alcuni provengono dalla Siria, altri dal Marocco, dal Madagascar, dall’Afghanistan.

Fin dall’inizio si è unita alla realtà nascente una piccola comunità religiosa formata da tre suore, le Evangelizing Sisters of Mary: due vengono dall’Uganda e una dal Kenya. «Il nostro carisma è servire – racconta suor Buonconsiglio, 48 anni – La sinergia con i padri gesuiti al Caravita ci porta quotidianamente ad ascoltare i poveri, guidare giovani coppie al matrimonio, aiutare persone con diversi problemi. In questa grande comunità percepiamo forte il nostro apporto materno».

«La chiesa è rinata per la qualità delle celebrazioni e di questa gioiosa accoglienza che le suore offrono» confida p. Massimo Nevola, gesuita, superiore della comunità. «Un contributo di umanità apprezzato da tutti».

Tanti poi gli ospiti di passaggio in questa grande “arca”: studenti, religiosi, ragazzi in discernimento, colpiti dal clima di fraternità e accoglienza semplice subito percepito.

Dall’accoglienza vissuta, una pastorale rinnovata

Oggi la comunità è formata da venti persone, di cui otto gesuiti. L’accoglienza sperimentata all’interno si esprime anche nel tipo di pastorale proposta.

“P. Giuseppe Giordano è a disposizione per le confessioni e anima la preghiera all’inizio del pranzo dei poveri offerto ogni sabato alla mensa del Caravita” spiega p. Nevola. “P. Vincenzo D’Adamo ha ideato e anima l’accoglienza di turisti e pellegrini fino a mezzanotte nella chiesa di S. Ignazio nei fine settimana e ha attivato la scuola di italiano per ragazzi ucraini arrivati con l’inizio della guerra. P. Carmelo Giuffrida è coinvolto nell’insegnamento e nell’accoglienza dei ragazzi dell’attiguo Liceo Visconti e prepara spesso la cena per gruppi di loro. P. Fabrizio Valletti ha chiesto di risiedere nella comunità per il clima di accoglienza ed apertura al territorio, come p. Giancarlo Gola. Certo gli spazi sono piccoli” spiega , “viviamo gomito a gomito, quasi quotidianamente. A volte è difficile accogliere le differenze, inserire concretamente queste persone nella società, ma la comunità dei padri ha retto. Anche i più anziani non lamentano più la solitudine. Di fatto siamo una casa estremamente ricca, che sperimenta quotidianamente il centuplo”.

Leggi l’articolo completo sul sito dell’Associazione Universale di Sant’Antonio

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