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Gesuiti News Ricostituzione. Padre Viano: “Alla ricerca costante di un equilibrio, tra apostolicità e comunità”
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Ricostituzione. Padre Viano: “Alla ricerca costante di un equilibrio, tra apostolicità e comunità”

Sui nodi della vita religiosa, sollecitati dalle domande rivolte da Papa Francesco, intervistiamo Padre Alessandro Viano, del CEI di Palermo.

Come tenere insieme gli impegni della missione e quelli della vita comunitaria?
“L’equilibrio va trovato facendo una scala ben chiara di priorità che venga poi applicata con una oculata elasticità. Il gesuita è in continua tensione tra la slancio apostolico e il tempo dedicato alla preghiera, personale e comunitaria, e al rinnovo delle energie. La condivisione in comunità di ciò che si fa e di ciò che si vive interiormente, aiuta a mantenere vive le energie da investire negli impegni apostolici ed è fonte di nuove idee. È importante che la comunità protegga un tempo comune da dedicare allo scambio e alla preghiera in comune. Fondamentale per quanto possibile, fare almeno un pasto in comune. Spesso però sono utilissimi gli spazi informali che ci si prende con tutti o più verosimilmente con alcuni compagni di comunità, sia per svago e riposo, sia per parlare liberamente, sia per vivere l’Eucaristia in comune, magari a fine giornata così che diventa uno spazio di condivisione interiore. Siccome è difficile trovarsi sempre tutti alla medesima ora, spesso ci aiuta, almeno alcuni di noi, consultarci rapidamente con una telefonata e stabilire di volta in volta a che ora è possibile trovarsi.
Può capitare che i compagni stessi ti facciano notare un’eccessiva assenza, è utile coglierlo come un sintomo dell’essere troppo sbilanciati apostolicamente e perdere il contatto con la comunità. L’importante è dunque essere attenti ai segnali, interiori ed esteriori, che mi indicano come procede il mantenimento dell’equilibrio”.

Come lottare contro la tendenza all’individualismo?
“Non ho antidoti sicuri contro l’individualismo, ma penso che possa davvero aiutare pensare secondo il “gioco di squadra”: elaborare comunitariamente un obiettivo comune e dividersi i ruoli così che ognuno possa fare la propria parte responsabilmente e in dialogo con gli altri. Essere in dialogo non significa farsi mettere limiti dagli altri, ma permettere che la squadra possa essere più efficace evitando dispersioni di energia. A fondamento di questa logica c’è un cuore plasmato dalla contemplazione di Cristo, pronto a sacrificarsi e a vivere in condivisione avendo sempre sotto gli occhi la missione e il fine comune. Lo strumento del discernimento comunitario probabilmente (uso questo avverbio perché sento di viverlo troppo poco ed esprime più un’aspettativa che una certezza) sarebbe di grande aiuto”.

Come comportarsi con i fratelli in difficoltà o che vivono o creano conflitti?
“Innanzitutto penso occorra una grande attenzione ai compagni di comunità per rendersi conto quando qualcuno entra in difficoltà, così che si possa intervenire ascoltando, sostenendo, magari anche scuotendo ma sempre essendo presenti. Spesso mi rammarico di non essere stato in grado, forse per poca attenzione o forse per timore, di agire come sarebbe stato opportuno. Per quanto riguarda coloro che vivono o creano conflitti, è difficile generalizzare perché dipende caso per caso dalle persone coinvolte. La serenità personale e comunitaria sono importantissime. I conflitti possono essere mediati e risolti ma sempre è bene che vengano esplicitati. Ascoltare un confratello che vive un conflitto significa comprendere il suo punto di vista, ma anche proporre quello altrui cercando di rimanere imparziale, distaccato per quanto possibile, emotivamente ed evidenziando gli elementi oggettivi che sono in gioco nel conflitto. Con una persona che tende a creare conflitti ben poco costruttivi, si tratta di trovare un equilibrio tra l’essere dolci e misericordiosi e mettere paletti per difendersi e difendere la missione”.

Come coniugare giusta risposta e misericordia davanti a casi difficili?
“Le persone che si rivelano problematiche durante la formazione vanno accompagnate con competenza anche da uno psicologo. Spesso le terapie psicologiche sono un validissimo aiuto; se poi si verificano ulteriori difficoltà è bene anche valutare se davvero la Compagnia è il loro posto. Fin qui la “giusta risposta”, ma secondo misericordia, “coinvolgendo il cuore” penso che occorra trovare loro una comunità che dia spazio di respiro a loro stessi e agli altri, dove magari possano esprimere al meglio le loro potenzialità apostoliche. Una comunità serena è in grado di realizzare questo accompagnamento e e di valorizzare le loro risorse e le loro competenze”.

Come annunciare Cristo ai giovani, a una generazione che cambia?
“Credo importante innanzitutto ascoltare il contesto per capire dove e in che modo il Signore sia già all’opera fra i giovani. Si tratta di comprendere le “croci” che vivono per aiutarli a portarle facendole “abitare” dalla Buona Notizia di Gesù o quando possibile aiutarli a deporle. Principalmente si tratta di lavorare valorizzando l’affettività e aiutando a riconoscere ed esprimere le emozioni che provano. Si tratta ignazianamente di aiutare i ragazzi ad entrare nel loro prezioso mondo interiore di valorizzarlo ed aiutarli a mettere ordine per trovare energie e risorse. Un altro importante ambito in cui annunciare Cristo come Buona Notizia è costituito dalle paure ed in particolare aiutarli a vincere quella del futuro così incerto e quella di rimanere soli. Il modo migliore per essere efficaci nell’annuncio è quello di entrare nei loro linguaggi. Si tratta per noi di imparare ad usare la tecnologia e discernerne l’uso. Si tratta di usare il linguaggio delle immagini: leggere insieme i film, soprattutto quelli di successo; magari entrando nelle grandi saghe della letteratura di fantasia e sottolineando gli elementi
religiosi presenti. Si tratta di utilizzare la musica, guidando la lettura di alcuni significativi testi, sottolineando le emozioni che esprimono. Sono tutti strumenti utili per alfabetizzare i ragazzi sul mondo affettivo ed emotivo necessario a riconoscere Cristo Risorto già presente nelle loro vite. Il lavoro è lungo perché la trasformazione cui assistiamo è rapida. È un lavoro necessario perché ci permetterà di ricostruire il ponte con la liturgia ed i sacramenti, affinché la Grazia di Dio possa intervenire con efficacia portando vita piena, vincendo gli individualismi e restituendo la gioia del vivere come comunità”.

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