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Tra precarietà e affidamento, mentre la terra si muove ovunque

La testimonianza di Elena e Marcello, 4 figli, referenti del progetto “Le Querce della Porrettaccia” della Rete Famiglie Ignaziane, dal 2021 nel consiglio del Centro Ignaziano di Spiritualità come referenti Esercizi per famiglie, toccati dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna.

Lunedì all’ora di pranzo l’avviso è arrivato tramite i social. Avrebbero chiuso servizi educativi e scuole. “Ha piovuto interrottamente da quella notte al pranzo di mercoledì” racconta Elena, sposata con Marcello, 4 figli, dal 2006 impegnati in un progetto di accoglienza “Le Querce della Porrettaccia” a Predappio Alta, 20 km da Forlì. 

La casa di campagna di proprietà della famiglia di Marcello, ripensati gli spazi, era divenuta gradualmente spazio per persone e famiglie in difficoltà o in ricerca, nella sfida della condivisione. “I primi cedimenti nel terreno in collina si sono verificati già martedì a pranzo mentre a valle è scattata l’allerta per i fiumi in piena. Da martedì sera siamo rimasti senza luce e linee telefoniche. Ma da noi, e solo da noi, l’acqua non è mai mancata. A valle tutt’ora è erogata tramite autobotti.

Da mercoledì poi la terra ha preso a muoversi ovunque. Sono stata trasportata in pulmino dalla Protezione Civile, scendendo a valle. Questa volta, al contrario di 23 anni fa in Kosovo, non ero seduta dalla parte dei soccorritori, ma dei soccorsi. Ho pregato durante tutto il viaggio per affidare la mia paura al Signore, passando per una valle oscura con bocche fameliche che si aprivano nella terra, il fango che ricopriva per lunghi tratti la strada e gli strapiombi da costeggiare. Ho pregato che Lui ci conducesse a fondovalle, su pascoli erbosi ed acque tranquille, il mio salmo preferito.

Dare un nome ai sentimenti

Il rumore del bosco e della terra che frana è un misto di legno che scoppia e cascata di acqua potente, ma non c’è la poesia del fuoco nel camino o di uno spettacolo della natura, solo la sensazione di profonda incertezza, non sai cosa può ancora accadere perché la terra continua a muoversi. Me l’ha chiesto mio figlio Samuele di trovare un nome alle emozioni, davanti alla frana della strada di casa nostra. “Un misto di paura e tristezza”, mi ha detto lui. Per me precarietà, per la difficoltà a immaginare cosa può accadere ora, e insieme affidamento nell’essere insieme, con Lui e con tanti compagni di viaggio che si fanno Presenza”.

Un cambiamento impensabile

“Il silenzio rotto dal brontolio della montagna, alberi che scivolano su un tappeto di argilla per decine di metri, la montagna ferita” anche Marcello ricostruisce quegli attimi. “Attività economiche circondate da dirupi irraggiungibili”. “Ci sono strade ora inesistenti o percorribili a piedi, rischiando. Come hanno fatto i nostri vicini di casa” racconta Elena. “Erano a tavola la mamma e i due figli, aspettando il ritorno del papà. Lui ha percorso 5 km a piedi tra frane e smottamenti. Quando è riuscito a raggiungerli hanno preso qualche vestito, ci hanno chiamato chiedendo di essere accolti, e sono partiti di nuovo attraverso il fango. Sono arrivati da noi la sera successiva. Anche la nostra strada di accesso a casa era franata e hanno dovuto proseguire fino ad un’altra abitazione. Lì avevano un generatore di corrente e abbiamo potuto così ricaricare i cellulari e le torce per i 2 giorni in cui siamo stati senza luce. La mattina del secondo giorno ci siamo svegliati alle sei sentendo il canto degli uccellini. Abbiamo pensato ci fosse il sole, ma aprendo le imposte era acqua fitta. Cantavano ugualmente la loro lode, come nei giorni del lockdown.

Scegliere l’essenziale

Giovedì pomeriggio abbiamo potuto trasportare la nonna di 88 anni in elicottero. Non poteva passare per la strada che abbiamo dovuto aprire nel bosco. L’elicottero sta a 30 metri da terra. É passata dalla sedia a rotelle all’imbragatura del soccorritore”. “Abbiamo dovuto lasciare tutto in poco tempo e portare con noi l’essenziale ridotto allo spazio di uno zaino” racconta Marcello. “È stato difficile venerdì mattina dire ai nostri figli di scegliere” confessa Elena. “Tre cambi di vestiti, due scarpe di cui uno ai piedi, i quaderni degli appunti e i dispositivi tecnologici, ‘perché per i libri possiamo avere la versione online, mamma’, le medicine di Samuele e uno zainetto  giochi e astuccio per Daniele, quello che poteva portare lui. ‘Due paia di pantaloni li metto già addosso, mamma, ma il nastro di ginnastica non lo posso lasciare’. In realtà, già venerdì sera il vicesindaco, così come alcuni scout del paese, si sono offerti di partire in cordata nei prossimi giorni a piedi verso casa nostra per recuperare quello che serve, appena tornerà un po’ di sole, forse domenica.

Consolazioni

“Sara, la nostra fisioterapista che veniva a casa gratis per la nonna, ieri ci ha accolto nella palestra dello studio, un vero massaggio al cuore, con un tavolo improvvisato di un lettino medico, gli spaghetti al tonno della mamma, il dolce della vicina, i vestiti asciutti della nipote e un caffè che spacca! Uscendo, siamo saliti in Comune dove ci hanno abbracciato prima di aggiornarci sulla situazione”. Marcello ricorda gli occhi impietriti di una giovane volontaria “forse alla sua prima esperienza. Fissavano chi raccontava la propria disavventura. Non aveva parole di fronte alla gravità della situazione”.

Con i volontari in preghiera

“Il Signore ci precede”

Abbiamo espresso il desiderio di andare a Ravenna dai parenti per due giorni, per rifiatare e tenere i bambini al sicuro, ma poi di tornare a Predappio bassa se c’è un posto x noi sei, non siamo pochi. Abbiamo pensato che avremmo potuto sentire il parroco o chiedere per l’asilo ed ex casa delle suore, ora semivuoto. Dopo nemmeno un’ora, senza che noi avessimo fatto nulla, è arrivato un messaggio del vicesindaco: “Cosa ne dite di fare per un po’ i custodi del Santa Rosa?” Il Signore ci precede. Sappiamo che vogliamo restare per finire le scuole. In molti ci hanno offerto rifugio dal Veneto alla Sicilia. Irene ed io abbiamo la maturità quest’anno, lei come studentessa ed io come insegnante di sostegno per due ragazzi, e poi desideriamo ricostruire insieme un territorio e una comunità”.

Rilettura

Da marzo 2022 a gennaio di quest’anno Elena e Marcello avevano accolto una famiglia ucraina fuggita dalla guerra, “l’ultima nostra accoglienza di lungo periodo. Oggi siamo noi a fare gli zaini in fretta per allontanarci da un pericolo, siamo noi ad aver bisogno. Alcuni amici ci metteranno a disposizione un’auto con 4 posti, noi siamo 6 ma ci basta. Ci muoveremo a piedi e col bus, ora che saremo in paese. Mi sento affidata e custodita e aspetto di capire a cosa il Signore ci sta invitando”. “Ho sentito più volte implorare che Dio abbia misericordia” conclude Marcello. “Mi sento piuttosto di implorare l’uomo ad averne nei confronti della natura, perchè torni alla sua vocazione originaria di custode del creato”.

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