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Emergenza Covid: il MAGIS in Ciad nel racconto di Sabrina

Presentazione di un libro presso la comunità dei gesuiti di Villapizzone a Milano

«Organizzare la formazione e avviare un laboratorio specializzato in Covid-19 in Ciad da Roma non è fattibile e così, senza non poche paure e grandi difficoltà diplomatiche per entrare, sono partita in nome e per conto del MAGIS….»: il racconto dall’Africa di Sabrina Atturo. Inviata per seguire gli interventi del MAGIS, insieme al prof. Vittorio Colizzi, specializzato in malattie infettive, a supporto dell’ospedale Le Bon Samaritain di N’Djamena. Formazione specialistica Covid-19 a personale sanitario, avvio del Laboratorio Covid-19, installazione di quattro letti per la terapia sub-intensiva e donazione di dispositivi di protezione individuale.

 

Quando il Covid-19, a marzo, ha iniziato a sconvolgere le nostre vite in Italia e in Europa, il pensiero di noi del Magis è andato subito ai nostri partner nel Sud del mondo. Fin da subito è stato chiaro che il loro sistema sanitario non avrebbe retto di fronte alla pandemia. Le previsioni dell’OMS sull’Africa erano nefaste, ci siamo subito mobilitati senza riuscire però a fare molto. Tanta la frustrazione iniziale perché accanto a una generosa disponibilità dei nostri donatori, la chiusura delle frontiere e l’emergenza in Europa non ci ha permesso di offrire nessun aiuto. Arrivavano richieste giornaliere di dispositivi, di farmaci, di attrezzature per affrontare l’emergenza ma anche la nostra Europa era presa dall’emergenza e non c’era disponibilità di materiale da inviare all’estero. Giorni di rabbia e confronto hanno segnato i mesi di marzo-aprile-maggio 2020. Verso la fine del mese di maggio, le frontiere si sono pian piano riaperte e, a fronte di minore pressione sui nostri ospedale e di aumento della produzione delle attrezzature e dispositivi a livello mondiale, siamo riusciti a inviare i primi aiuti. Che gioia immensa poter inviare loro il primo alcolometro per permettere all’ospedale di produrre soluzioni detergenti per il personale! Abbiamo continuato a tenere contatti continui e giornalieri con tutti i nostri partner dall’Africa, India e Brasile (entrambi ancora oggi profondamente colpiti dalla pandemia ma con sistemi sanitari un po’ più efficienti che quelli africani).

L’entusiasmo per l’alcolometro

Poca cosa, ne sono consapevole, ma dopo tre mesi di blocco totale vi assicuro che l’entusiasmo per l’alcolometro ha donato nuovo slancio e linfa vitale, primo timido segno che la pressione Covid-19 si stava allentando sull’Europa e potevamo riprender con slancio il nostro impegno missionario.

Abbiamo così cominciato a fare ordinativi, spedizioni, iniziato a costruire la nuova struttura laboratoriale Covid-19, inviato le attrezzature per allestirla, i dispositivi di protezione, perché proteggere il personale sanitario è una delle prima cose da fare per affrontare la pandemia. Tutto ciò è stato possibile, e lo è ancora ora, grazie al progetto di Emergenza avviato a marzo 2020, gestito direttamente dal MAGIS e finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Iniziativa d’Emergenza a favore delle popolazioni vulnerabili in Camerun e in Ciad AID 08/11762/2019 MAGIS – Sede di Khartoum AICS).

L’ospedale dei gesuiti

A supporto dell’azione del MAGIS in Ciad in favore dell’Ospedale Le Bon Samaritian, unico ospedale nel mondo appartenente alla Compagnia di Gesù,  fondato da padre Angelo Gherardi, missionario gesuita italiano in Ciad da oltre 50 anni, abbiamo assistito a tanta generosità da parte di donatori privati, che da anni sostengono l’Ospedale con l’acquisto di farmaci per permettere alle persone più vulnerabili di accedere alle cure mediche. Lo sto sperimentando in questi giorni di missione in Ciad con i miei occhi.

Inoltre, grazie al bando straordinario promosso dall’Ufficio per gli Interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della Conferenza Episcopale Italiana con i fondi dell’8 per mille alla Chiesa cattolica, è stato possibile rifornire il personale sanitario dell’Ospedale di dispositivi di protezione individuale.

Accanto all’invio del materiale, è stato chiaro fin da subito l’esigenza di formare gli operatori sanitari a conoscere e ad affrontare la crisi. Così il prof. Vittorio Colizzi, docente universitario di immunologia e patologia, specializzato in malattie infettive e in igiene della Sanità pubblica, direttore di biotecnologie dell’Unesco e Direttore di bioetica dell’Università di Roma Tre, esperto della sanità africana da oltre 20 anni, ha messo a disposizione le sue competenze per seguire, guidare e accompagnare la formazione Covid19 del personale in Ciad, favorendo la cooperazione Nord-Sud-Sud con la presenza di specialisti camerunesi.

L’importanza di esserci

Organizzare la formazione e avviare un laboratorio specializzato in Covid-19 in Ciad da Roma non è fattibile e così, senza non poche paure e grandi difficoltà diplomatiche per entrare, sono partita in nome e per conto del MAGIS, alla volta del Ciad spinta da un grido per la profonda ingiustizia nell’accesso ai mezzi che avevo vissuto per mesi. Una settimana dopo mi ha raggiunto il Prof. Colizzi e poi ancora un virologo camerunese, il dottor Joseph Fokam.

Vi scrivo infatti dal mio ufficio presso il Complesso Ospedaliero Le Bon Samaritain, sono le 21.35, siamo rientrati dal primo giorno di formazione Covid-19 offerta ai biologi e tecnici dei laboratori di N’Djamena. La settimana scorsa abbiamo fatto la formazione Covid-19 ai medici degli ospedali di N’Djamena. Una delle prime cose che ci hanno detto le persone dello staff dell’ospedale: «Grazie, sappiamo che avete avuto difficoltà, ma vedervi qui per noi è importante. Da quando sono stati limitati i viaggi non abbiamo visto più bianchi. La vostra presenza significa che, nonostante le difficoltà che l’Europa sta attraversando non ci avete abbandonato e siamo davvero membri della stessa famiglia».

Quando il Ministero della Sanità ciadiana ha saputo della presenza  del prof. Colizzi in Ciad, ha voluto approfittare delle sue competenze. Sono mesi che, a causa delle limitazioni nei viaggi, ci sono pochissimi stranieri esperti in Ciad e così lui ha rappresentato per loro la manna dal cielo in questo contesto. Le proposte di collaborazione si susseguono e così, accanto alla formazione per medici e tecnici di laboratorio, si è aggiunta la formazione di infermieri e studenti e la proposta di effettuare un’indagine di sierosorveglianza per comprendere la reale diffusione del virus. Di fatto, ad oggi – 26 ottobre 2020 – i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione per ora è sotto controllo: il Ciad è al 162eme paese più infettato al mondo con 1437 casi, 96 decessi, 73 casi attivi e l’88,2% di tasso di guarigione.

Formazione e aiuti

Ma come è possibile tutto questo? Sicuramente molto hanno influito le misure restrittive immediatamente adottate dal Governo ciadiano da marzo a giugno per frenare la diffusione del virus (riduzione al minimo degli scambi, rafforzamento del sistema di igiene, chiusura dei confini aerei e terrestri, chiusura di chiese e moschee, scuole e tutti i luoghi ad alta concentrazione umana). Probabilmente anche la stagione calda e torrida dei mesi scorsi, la giovane età della popolazione, la scarsa densità abitativa soprattutto nelle zone rurali (a differenza dei quartieri popolari sovraffollati della capitale N’Djamena), la loro immuno-resistenza naturale al virus, la ridotta mobilità all’interno del paese hanno fatto la loro parte.

D’altro canto il Governo ha centralizzato tutta la gestione del Covid-19. Tutti i casi sospetti vengono portati in un unico ospedale della capitale e messi in isolamento. La paura che il virus possa diffondersi è altissima, non ci sono terapie intensive in grado di salvare i casi più gravi e gli ospedali non reggerebbero la pressione. Tutto si gioca sulla prevenzione.

Tra novembre e dicembre – periodo più fresco qui in Ciad e quindi maggiore fragilità polmonare – ci si aspetta un aumento dei casi.

È evidente poi a tutto il mondo scientifico ciadiano che si registra una sottostima dei dati ufficiali. Solo un miglioramento delle capacità epidemiologiche del sistema sanitario potrà offrirci tale risposta. E così il MAGIS si pone loro accanto in questo impegno, sia all’ospedale della Compagnia che a tutti gli altri laboratori e ospedali, avendo attivato una proficua collaborazione con il Ministero della Sanità. Conoscere e monitorare i contagi, riuscire ad effettuare delle analisi con risultati attendibili è una delle armi più potenti per contrastare il virus e per meglio accompagnare le persone in questa dura lotta.

Altra sfida evidente a tutti è che la maggior parte dei fondi e quindi l’attenzione è sul Covid-19,  lasciando indietro gli aiuti e il supporto per le altre malattie che qui continuano a provocare migliaia di morti ogni anno, in particolar modo la malaria, l’epatite e la poliomelite. È così che il nostro laboratorio, anche se inizierà la sua attività con i test Covid-19, sarà sempre più e sempre meglio un centro di ricerca e analisi per le malattie tropicali che continuano a nuocere vittime. In azione per rispondere all’emergenza ma con uno sguardo che va oltre la stessa e si pone in continuità con tutti gli anni di collaborazione.

Purtroppo seguiamo tutti i giorni dal Ciad quello che sta succedendo in Italia, siamo vicini a tutti voi perché una cosa questo virus l’ha insegnata: non ci sono frontiere che tengano, attacca indiscriminatamente ricchi e poveri, e l’unica arma per contrastarlo è la solidarietà che non ha limiti e barriere. Alla sua diffusione globale non possiamo non rispondere che con una solidarietà altrettanto globale!

Sabrina Atturo

 

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