Il gesuita che interroga l’universo
Ha un cappello di panno azzurro a cui tiene molto, per la forma e il colore, e una grande passione per guerre stellari, il cinema d’autore e la pizza margherita. P. Gabriele Gionti, classe ‘67, sfoglia il suo quadernone a quadretti. “Devo rifare questo calcolo. Qui ho sbagliato, vede….”.
Provo a confrontare i suoi appunti con quanto campeggia sulla grande lavagna nera del suo studio. Nulla da fare…Non posso proprio aiutarlo.
“Sono di Capua” mi racconta con un gradevolissimo accento campano “da dove è partito Spartaco!”. “Il mio primo telescopio? A 12 anni. Salivamo sui tetti delle case a vedere il cielo stellato: la luna, diversi pianeti, Giove e i satelliti medicei, Saturno, la nebulosa della Lira… enorme, affascinante. Dopo il liceo scientifico volevo studiare astronomia ma ho capito che ero più portato per la fisica teorica”. Si laurea a Napoli e vince un dottorato alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste. “Per la tesi di laurea mi ero occupato di gravità e della teoria di Einstein. A Trieste lavoravo alla teoria quantistica della gravità”.
Un lungo discernimento
Nei corridoi della Specola mi indica una collezione di meteoriti. “Questo è arrivato da Marte, non si sa come, atterrato nel deserto del Marocco”. Eventi. Alcuni sono stati fondamentali per la maturazione della sua vocazione. “Sono stato battezzato nella chiesa che prima era dei gesuiti poi passata ai cappuccini. Durante il catechismo ricordo che mi sentivo felice. Non dimenticherò mai la libertà di p. Roberto che parlava del rispetto ed amore per la religione musulmana. In oratorio ho fatto esperienza della vicinanza del Signore”. Poi gli anni tumultuosi dell’adolescenza, il liceo, il professore di filosofia marxista “che diceva che la religione è una superstizione”, la ricerca di una nuova identità, l’incapacità di trovare risposte salde, tutto sembrava senza fondamento. “Stavo cambiando dal punto di vista affettivo e relazionale. All’università mi sono iscritto a fisica anche per capire se lo studio della scienza potesse minare la mia fede. Al contrario più studiavo più capivo che il Dio di amore in cui credevo era conciliabile con la scienza. E questo lo capivo più per via affettiva che attraverso un ragionamento. A fisica ho trovato persone con cui condividere alcuni interessi ma continuavo ad avvertire la pressione della società: quel mondo idilliaco che mi avevano raccontato non funzionava”. Erano gli anni ‘80. “Mi confrontavo con materialismo, edonismo e non riuscivo a coniugarlo con quanto vissuto da bambino. Al 4° anno, nel corso di fisica teorica, un amico in discernimento vocazionale mi racconta di un Dio che parlava proprio a me, rispondeva alle mie domande. Immediatamente mi si apre il cuore. Mi regala un libro Preghiere al cuore di Gesù nel mese di giugno”.
La caduta da cavallo
“Qualcosa inizia a cambiare. Cerco di concludere la tesi di dottorato. Era tutto molto interessante, ma capivo che le ricerche della mia tesi non avrebbero portato a nulla. Cerco un secondo relatore più competente, per scrivere una tesi e delle ricerche che arrivassero a qualcosa, ma ho il timore che questo mio secondo progetto venga rifiutato.
É la mia caduta da cavallo. Il Signore mi faceva capire che la strada della mia realizzazione non passava solo da lì. Nonostante i seri problemi avuti con il primo relatore, per l’orgoglio di entrambi, riesco a terminare la tesi, che viene accettata. Unisce gravità quantistica e relatività generale. Ma diventa chiaro che la scienza e la carriera accademica non erano più il centro della mia vita, nè riempivano, da sole, il mio cuore.
In cerca della vocazione vera, sul web
Si ponevano altre domande. “Quale strada scegliere a livello vocazionale? Il matrimonio? La vita consacrata? Avevo 30 anni. Cerco sul web: passo dal sito dei domenicani a quello dei francescani e via dicendo. Sento che la vita religiosa può fare per me. Arrivo a quello della Provincia d’Italia dei gesuiti, realizzato allora da p. Francesco Tata. Sono attratto dalla loro spiritualità. Un libro di Teilhard de Chardin mi aiuta a comprendere che la Chiesa cattolica si interroga su tematiche non banali e riesce a dare risposte profonde. Nel passato avevo avuto l’impressione che la Chiesa desse risposte preconfezionate e dogmatiche senza minimamente fari i conti con la cultura contemporanea.
A Napoli mi reco alla chiesa del Gesù Nuovo. Contatto p. Sibilio, allora vice provinciale per il Sud. Mi affida a p. Armando Gargiulo, che era stato il 1° provinciale d’Italia. Nel frattempo vinco una borsa di studio post dottorato all’Università della California a Irvine. Mi segue lì un gesuita americano per la direzione spirituale. Torno in Italia per gli Esercizi Spirituali a Napoli nella casa di Cappella Cangiani. Vivo un tempo di servizio assistendo i malati. P. Sibilio mi fa conoscere anche la realtà della Specola Vaticana. Il 4 ottobre del 2000 entro in Noviziato”.
Un cammino tortuoso
Quegli anni confermano la vocazione. “Qualche tensione la sperimento nella vita comunitaria per le diverse età dei presenti e le provenienze. Maturo progressivamente dal punto di vista umano e affettivo. Avevo ancora domande a cui non avevo trovato risposte. Vivo gli anni di filosofia, poi 2 anni di magistero a Tucson in Arizona con la Specola Vaticana e 4 anni di teologia, di cui 3 a Berkley e uno a Napoli. É stata una strada lunga, piena di alti e bassi, in continuo dialogo con i Superiori”.
Il sogno più grande
“Oramai i miei sogni di vanagloria erano stati smascherati e profondamente cambiata era la mia visione del mondo. La stessa vocazione prima pensavo dipendesse molto da me e dalle mie decisioni, nel continuo tentativo di coniugare interessi personali e strade possibili, con la paura in realtà di un affidamento totale. Ora ero consapevole che è Dio che sceglie, facendoti un dono.
La maturazione affettiva faceva sì che potessi dare un peso giusto alle cose, per quel che valgono nella consapevolezza che la vocazione del Signore vale più di qualunque sogno si possa avere.
Mi hanno aiutato la preghiera, gli Esercizi Spirituali, una lettura attenta degli eventi della vita attraverso cui mi parla Dio e che mi dicono come stanno le cose”.
Contemplare il cielo
Sono 15 i gesuiti impegnati nella ricerca in astronomia e astrofisica alla Specola: 8 a Castel Gandolfo e 7 in Arizona. Un servizio affidato alla compagnia dal Papa nel 1906. L’attività di ricerca viene preceduta al mattino dalla preghiera. Poi la lettura di articoli, il lavoro di scrittura, i contatti con i collaboratori scienziati. “Non insegniamo, quindi abbiamo più tempo per la ricerca ma anche meno stimoli e domande che possano provocarla”.
Poi la vita comunitaria: “il caffè delle 10, i pasti, la messa delle 19” e il servizio ai detenuti del carcere di Velletri.
Ogni tanto l’occhio torna a scrutare il cielo. Le cupole della Specola si aprono e i potenti telescopi portano lo sguardo lontano.
In cerca dell’origine
“Stiamo studiando i primi istanti dell’universo dopo il Big Bang, quando l’universo si ipotizza fosse piccolo come un punto, denso e a temperature elevatissime. La velocità della luce è pari a 300 mila km al secondo. Pensiamo che quella massima, in quegli istanti, fosse pari a zero.
Le leggi che regolano l’universo nei primi istanti è molto ragionevole che fossero quelle della fisica quantistica” spiega, come indicato nella recente teoria messa a punto con don Matteo Galaverni e pubblicata su Physical Review D.
Scienza e fede
“Cercare e trovare Dio in tutte le cose. È l’ultimo esercizio proposto da S. Ignazio negli Esercizi Spirituali” ricorda. “La ricerca scientifica è questo cercare quelle leggi con cui Dio lavora nella natura, in cui si è incarnato Suo Figlio, come si dice nella Contemplatio ad Amorem. In questo modo la scienza diventa una preghiera ed un modo che aiuta gli uomini e le donne ad avvicinarsi a Dio”. Si chiude la cupola che protegge il grande telescopio. “Scrutare l’universo mi ricorda che non siamo noi il centro, che altre realtà, civiltà, forme di vita sono possibili. Mi racconta la bellezza di questa terra, che rischiamo di rovinare, e restituisce la meraviglia presente nel cosmo, il creato e il suo incredibile ordine”.
Lo sguardo torna sulla terra e spazia dalla semplice finestra ma più leggero e grato.
LG