Storia di un pellegrino
Ignazio di Loyola
A 30 anni Ignazio è un cavaliere della Corte Reale di Spagna. Successo, fama e onori i valori della sua vita. Poi durante l’assedio di Pamplona una palla di cannone lo ferisce gravemente ad una gamba. Subisce due operazioni a cui segue una lunga convalescenza che lo costringe a mettere ordine nella sua vita e, con un nuovo sguardo, percorrere strade nuove.
La casa natale
Iñigo López nasce nella casa torre di Loyola, comprensorio municipale di Azpeitia, nella provincia basca di Guipúzcoa. Ultimo di tredici figli, appartiene ad una famiglia aristocratica: il padre Beltrán Ibañez de Oñaz, combatte a fianco dei Re cattolici nella guerra di successione al trono di Castiglia, mentre la madre Marina Sánchez de Licona discende da una importante famiglia nobile della città di Ondárroa. L’ambiente in cui vive è improntato ai valori cortesi, di lealtà verso la Corona e ai desideri di potere, ambizione, affermazione.
Carriera profana
Iñigo perde i genitori e viene trasferito ad Arévalo, al seguito del ministro delle finanze del re Fernando il Cattolico, Giovanni Velázquez de Cuéllar che cerca di impartirgli l’educazione cavalleresca e religiosa improntata a “segnalarsi” e compiere opere grandi.
Ben presto viene conosciuto dagli abitanti di Araévalo per la sua abilità nel suonare la vihuela, l’audacia nei tornei cavallereschi e l’agilità in danze e feste. Le arti, la guerra, gli agoni sono il suo pane quotidiano; la gloria, il potere, l’apparire i valori a cui dare la vita.
Un nuovo inizio
Il 20 maggio dà prova della sua caparbietà e destrezza difendendo il castello di Pamplona assediato dalle truppe francesi. Durante la battaglia un colpo di cannone lo ferisce gravemente alle gambe. “ rompendogliene una in più punti e ferendo malamente l’altra. Caduto lui, quelli della fortezza si arresero subito ai Francesi”. Nel suo animo la ferita alle gambe, con il rischio di rimanere paralizzato, e la presa della fortezza diventano la sconfitta del suo mondo e forse anche del suo orgoglio, che rimane intaccato profondamente.
Convalescente a Loyola
Il 29 giugno, migliora. Si rimette in piedi. Resta una deformazione alla gamba, che gli impedisce di calzare lo stivale. Decide di farsi operare. Un intervento delicato e doloroso. Non fiata. Chiede dopo di poter leggere dei romanzi di cavalleria. Sono presenti solo la Vita Christi del certosino Ludolfo di Sassonia e una traduzione della Leggenda aurea sulla vita dei Santi di Giacomo da Varazze. Rimane affascinato dalla figura di Gesù e di chi lo ha seguito. Inizia la conversione, l’attenzione a ciò che sentiva nel cuore: consolazioni e desolazioni.
La visione del Cardoner
Il 25 marzo da Montserrat va a Manresa dove conduce per più di un anno una vita di preghiera e penitenza. È un tempo di consolazioni e profonde desolazioni. La vita passata non smette di tormentarlo, come i mille scrupoli sul presente. Il suo modo di vivere, con frequenti digiuni e penitenze, indeboliscono il corpo e lo spirito, tanto che pensa anche al suicidio. Ma Ignazio, il nome che prende dopo la “veglia d’armi”, ha anche momenti mistici, di elevazione spirituale. A Manresa presso il fiume Cardoner “riceve una grande illuminazione”.
Intuizione degli esercizi a Manresa
Sente che il suo cuore è visitato da inganni e da Dio. Comprende che il discernimento è la capacità di capire la gioia e la tristezza, la differenza tra piacere e gioia, tristezza positiva e negativa, gioia autentica e sue imitazioni. Per Ignazio è l’universo interiore che dà forza e direzione al nostro agire. Questa legge di libertà, in ogni uomo che cerca la verità, è donata ad Ignazio a servizio della Chiesa con la scrittura degli Esercizi Spirituali, libretto da vivere più che da leggere, per ridefinire la vita e ritrovare libertà nelle scelte.
La veglia di Montserrat
Dopo la convalescenza, Iñigo cambia. Diventa pellegrino. Lascia il denaro per restaurare un’immagine di Maria e saldare dei debiti. Si congeda dai servitori. Inizia un cammino di spoliazione. Nel febbraio del 1522 passa da Aranzazu, santuario vicino Loyola. Trascorre la notte in preghiera. Si dirige all’abbazia dei benedettini di Montserrat, vicino Barcellona. La notte della vigilia dell’Annunciazione una “veglia d’armi”: depone spada e pugnale all’altare della Madonna. Regala gli abiti ad un povero. Si veste da pellegrino.
Pellegrino a Gerusalemme
Desidera recarsi a Gerusalemme. Nel 1523 da Barcellona salpa per Gaeta. Arriva a Roma dove incontra, durante la Settimana Santa papa Adriano VI, che benedice il suo viaggio. Si dirige a Venezia e salpa alla volta della Terra Santa, donando prima ai poveri quanto aveva. Visita il Santo Sepolcro, Betania, Betlemme, il Giordano e l’Orto degli ulivi. Vorrebbe fermarsi, ma deve rinunciare. Il Superiore dei francescani, custode della Terra Santa, glielo proibisce. Accetta a malincuore, riconoscendo la volontà di Dio per lui, che passa dalla Chiesa.
L’inquisizione ad Alcalá e a Salamanca
Nel 1524 salpa per Venezia e, per la peste, prosegue per la Spagna. A Barcellona studia grammatica latina e si intrattiene in conversazioni spirituali. Si sposta ad Alcalá, città universitaria vicino Madrid. Inizia a dare gli Esercizi Spirituali. Cade nella rete dell’Inquisizione. Incarcerato per 17 giorni, gli viene indicato di non parlare delle cose di Dio senza aver studiato. Nel 1527 a Salamanca, interrogato dai Domenicani del Convento di Santo Stefano, è in carcere per quasi un mese e liberato con l’obbligo di non predicare fino al termine degli studi.
Gli studi di Parigi
Ignazio sente di dover approfondire gli studi per poter servire meglio il Signore. Parte solo e a piedi verso Parigi. Arriva il 2 febbraio del 1528. Vi rimane sette anni. Deve trovare i soldi per mantenersi. Sperimenta l’umiltà di dover stare tra i banchi di scuola della Sorbona, ormai ad una certa età e inizia a soffrire di forti mal di stomaco. Segue i corsi di teologia e ottiene il grado di maestro in artibus.
I primi compagni
Incontra alcuni studenti che, dopo gli Esercizi Spirituali e l’esperienza del Signore, decidono di offrire la propria vita come “compagni di Gesù”. Un gruppo internazionale: 5 spagnoli, 4 francesi e 1 portoghese, studenti alla Sorbona. Il 15 agosto del 1534 nella cappella di Saint-Denis a Montmartre, Ignazio, Pietro Favre, Francesco Saverio, Nicolò Bobadilla, Giacomo Laínez, Alfonso Salmerón, Simone Rodrigues fanno i voti di castità e obbedienza e di partire in Terrasanta per annunciare il Vangelo o su indicazione del Papa dove ci fosse bisogno.
Il ritorno in Spagna
I compagni decidono che Ignazio sarebbe tornato in Spagna per curare il mal di stomaco e risolvere questioni che avevano in sospeso. P. Polanco e p. Araoz aggiungono che Ignazio voleva anche riparare il cattivo esempio dato in gioventù. Procede per Pamplona e Almazzano, paese di p. Laínez. Poi a Toledo visita i genitori di Salmerón. Infine è a Valenza e salpa per l’Italia, anche se i mari erano infestati dal Barbarossa, pirata di Solimano II. Da Genova si dirige verso Bologna, poi a Venezia, dove incontra i suoi compagni per salpare per Gerusalemme.
La delusione di Venezia
Il 27 aprile 1537 il Papa dà al gruppo il permesso di andare in Terrasanta e nello stesso giorno la Sacra Penitenzeria dà il permesso ai gesuiti di costituire un corpo sacerdotale. La situazione politica era molto instabile e le relazioni conflittuali tra i veneziani e i turchi non permettevano a nessuna nave di salpare. Ignazio e compagni decidono di aspettare un anno e nel frattempo si dividono in varie città vicine pregando e vivendo come poveri.
La visione de La Storta
Non potendo partire per la Terra Santa, per mantenere la promessa fatta nella cappella di Saint-Denis, i gesuiti ritornano a Roma a gruppi di 2 per mettersi a disposizione del Papa. Ignazio alle porte di Roma ha una straordinaria esperienza mistica, la visione de “La Storta” in cui “ ha visto così chiaramente che Dio Padre lo metteva con Cristo, suo Figlio”. L’esperienza lo conferma nell’abbandono alla volontà di Dio. Il Signore completa l’esperienza del Cardoner a Manresa e fa comprendere a Ignazio che la Compagnia è voluta dal Signore stesso.
La prima formula dell’Istituto
La Formula Instituti del 1539 costituisce il nucleo legislativo della Compagnia di Gesù. Espressa con un linguaggio di carattere giuridico e curiale, descrive l’esperienza spirituale di Ignazio e dei primi compagni. Francesco Saverio così riporta: “Fra le molte grazie…l’aver visto…la conferma della nostra regola e modo di vivere”. Nella formula sono espressi alcuni principi, tra cui la disponibilità ad insegnare catechismo ai bambini e un voto speciale, oltre a quelli di povertà e castità: di obbedienza al Papa, con cui i gesuiti accettano ogni sua missione.
La bolla “Regimini militantis ecclesiae”
Il 27 settembre 1540 Papa Paolo III approva ufficialmente, con la bolla Regimini militantis Ecclesiae, la fondazione della Compagnia di Gesù. Con essa conferma le principali caratteristiche, come il titolo di “Compagnia di Gesù”, l’apostolato universale e il voto di una particolare obbedienza al Papa. Si dice che, lette le costituzioni, abbia esclamato: “Digitus Dei est hic”, “Qui c’è la mano di Dio”. Il documento, che ordina la vita dei gesuiti, è scritto tra il 1539 e il 1556, e nasce dall’esperienza spirituale e di vita di Ignazio e dei primi compagni.
L’elezione di Ignazio a preposito generale
Con l’approvazione da parte del Papa, la Compagnia deve eleggere un proprio Superiore (preposito generale): l’elezione ha luogo il 2 aprile 1541. Tutti eleggono Ignazio. Solo lui indica sulla propria scheda di dare il proprio voto a chi avrebbe riportato il maggior numero di suffragi, eccettuato il proprio nome. Una nuova elezione, il 13 aprile, dà il medesimo risultato. Ignazio si ritira nel convento di San Pietro in Montorio. Là il francescano Fra Teodoro da Lodi, che riceve la sua confessione, gli ordina di accettare e Ignazio acconsente.
La conferma della Compagnia di Gesù
A Roma la Compagnia di Gesù (Societas Jesu) si stabilisce presso la chiesa di Santa Maria degli Astalli: Francesco Saverio parte per le Indie e il Giappone mentre Ignazio e i suoi compagni cominciano ad insegnare il catechismo, a predicare, a fondare opere socio-caritative, come la Casa di Santa Marta che accoglie ex-prostitute o prendendosi cura di orfanotrofi e dell’assistenza ai poveri. Nel 1550 papa Giulio III conferma l’Ordine con il breve “Exposcit debitum”. La Compagnia, comincia a operare nel centro di Roma, “cercando Dio in tutte le cose”.
La narrazione dell’autobiografia
Negli ultimi anni di vita Ignazio, dopo diverse sollecitazione dei suoi compagni, decide di raccontare per iscritto come il Signore lo avesse guidato dall’inizio della sua conversione fino alla fondazione della Compagnia . È “Il racconto del pellegrino” o “Autobiografia”, perché Ignazio stesso, in terza persona, narra gli eventi, un vero e proprio testamento spirituale. Ignazio racconta la “storia” di Dio in un’anima a cui corrisponde la “storia” della collaborazione di un uomo, Ignazio, teso alla ricerca continua della Sua volontà.
La morte di Ignazio
Ignazio soffre di una grave colecistopatia. La sera del 30 luglio del 1556 sente che sta per morire. Desidera la benedizione dal Papa, ma il segretario, Juan de Polanco, rimanda al mattino. Un confratello, verso la mezzanotte, lo sente pregare: “O mio Dio”. Ignazio muore senza l’unzione degli infermi la mattina del 31 luglio, a 65 anni. Sepolto il 1° agosto nella chiesa di Santa Maria della Strada, è beatificato nel 1609 da Paolo V e canonizzato il 12 marzo 1622 da Gregorio XV. Il 23 luglio 1637, il corpo è collocato in un’urna nella Cappella di sant’Ignazio al Gesù di Roma.
Ignazio e Francesco Saverio proclamati santi
Nel 1622 Ignazio e Francesco Saverio vengono proclamati santi con Filippo Neri, Teresa d’Avila e Isidoro il contadino. “I nomi più grandi nella storia della Compagnia” si legge nel testo della canonizzazione. ”Il primo, per ammirabile conversione, austerezze di penitente, magnifiche e svariatissime imprese per maggior gloria di Dio e l’esaltazione di santa Chiesa; il secondo per slanci d’un’accesissima carità, indicibili fatiche tra i gentili e prodigi degni dei primi apostoli”. Insieme, Ignazio, dopo aver attraversato l’ Europa a piedi, poi a Roma per seguire il volere di Dio, Francesco Saverio, in viaggio, per diffondere la parola di Cristo ai confini del mondo.
Un fuoco che accende altri fuochi
Dai primi sette gesuiti radunatisi intorno ad Ignazio, in 500 anni la Compagnia si è diffusa nei cinque continenti per aiutare ciascuno a trovare Dio nella propria vita e riconciliarsi con Lui.
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