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Gesuiti News Istituto Arrupe: “Nella politica al centro la qualità delle relazioni”
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Istituto Arrupe: “Nella politica al centro la qualità delle relazioni”

L’importanza e il valore di essere persone in relazione deve essere al centro della nostra vita, nonostante la società inviti continuamente all’esercizio pieno del nostro individualismo. A partire da questo pensiero di fondo, il 14 aprile, nella sede dell’istituto Pedro Arrupe, si è svolto il primo incontro di GenerAzioni, il nuovo percorso di formazione socio-politica. A confrontarsi sul tema “Nel caos della complessità, una visione di futuro. Quale politica possibile?” sono stati il sociologo Mauro Magatti, la sociologa dei processi culturali Chiara Giaccardi e il gesuita e docente di filosofia Secondo Bongiovanni SJ.

Notari: “Ascolto dei bisogni e dei desideri”

«Oggi dobbiamo valorizzare tutto ciò che ci umanizza senza dare assolutamente nulla per scontato», afferma nella sua introduzione il direttore dell’Arrupe Gianni Notari SJ. «GenerAzioni è nato proprio per capire insieme quali strade percorrere nel quadro di un rinnovamento politico e sociale. Per questo, dopo vent’anni, riparte la formazione socio-politica, nata da p. Bartolomeo Sorge nel 1986. Al centro mettiamo l’ascolto dei bisogni e dei desideri dei territori che permetterà le azioni concrete. La missione è quella di formare e accompagnare chi desidera essere autore di un cambiamento culturale, politico e sociale».

Bongiovanni: “Responsabili verso il futuro”

«Nessuno può dire chi e che cosa sarà l’uomo nel futuro», dice Secondo Bongiovanni gesuita e docente di filosofia presso la Facoltà teologica meridionale di Napoli. «Non ci servono profeti della buona e cattiva sorte ma è necessario rimboccarci le maniche in nome di un principio di responsabilità verso il futuro che ci aspetta. Oggi le sfide, cioè i cambiamenti che dobbiamo affrontare sono tre. Il primo è il passaggio dalla sostanza alla relazione. Tutto è connesso. Noi passiamo dal paradigma della sostanza fissa ad una rete infinita di relazioni e di interconnessioni tra di noi e nel mondo. La realtà non è altro che un tessuto di relazioni dinamiche in cui siamo profondamente intrecciati a livello personale. Noi siamo il risultato delle relazioni vissute. La seconda grande sfida è quella di passare dalla egologia alla ecologia. È il passaggio da una comprensione del mondo a partire dall’ego a una comprensione dell’ego stesso a partire dal mondo, dall’oikos cioè ecologia che significa casa. La terza sfida è, infine, quella di passare dalla coscienza a quella dei neuroni/algoritmi. Sempre più nelle neuroscienze, si tende a ridurre l’uomo a puri meccanismi neuronali. Si passa da un uomo spirituale a uomo calcolato nei termini delle misurazioni neuroscientifiche. Abbiamo bisogno di queste scienze ma dobbiamo stare attenti perché ciò che è in gioco è l’uomo come essere libero nella dimensione più spirituale cioè della sua coscienza. L’essere me stesso cioè il pensiero cosciente, è considerato da queste scienze un epifenomeno, cioè un fenomeno secondario».

Magatti: globalizzazione, digitalizzazione, sostenibilità

«Siamo in un’epoca di transizione e stiamo entrando in una stagione storica di cui nessuno ha le mappe», spiega Mauro Magatti, ordinario di Sociologia generale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «Nei trent’anni di globalizzazione che ci lasciamo alle spalle, è stata espressa l’idea potente che la crescita economica fosse uguale all’aumento delle possibilità di vita moltiplicato per miliardi di individui. Il pensiero di fondo era che tutto si espandeva e tutto cresceva. Tutto ciò, ha creato un enorme effetto entropico sia per quanto riguarda l’ambiente (riscaldamento globale, inquinamento climatico ecc.) che per quanta riguarda la dimensione psichica e quella relazionale. In un mondo in cui tutto si espandeva tutto, però, si slegava. Chiediamoci, oggi, se è ragionevole continuare a pensare che dobbiamo espanderci in questo modo. Direi di no; non ce la facciamo perché siamo tutti in relazione e le risorse sono finite. Tutto è relazione, nel piccolo e nel grande in termini geopolitici. Le grandi tradizioni devono comprendere come stare in relazione nel mondo. La questione del legame non può essere messa sotto il tappeto. Certamente, il nostro spazio della decisione autonoma è quello della responsabilità personale e sociale. Occorre allora riprendere la condizione costitutiva di legame in tutti gli ambiti di implicazione». «Oggi ci sono due grandi driver che come motori di trasformazione ci accompagneranno per i prossimi decenni. Il primo è la sostenibilità cioè il percorso di consapevolezza del nesso tra il nostro modello di vita economico-sociale e la questione dell’ecosistema. L’altro è la digitalizzazione che è un fenomeno gigantesco. Dopo la globalizzazione siamo entrati nella supersocietà che ci conduce ad affrontare la tecnosfera (dimensione economica, energetica ecc), la biosfera (questione climatica, demografica e migratoria) e la noosfera (la formazione del pensiero, opinioni e conoscenza). Questi tre aspetti si devono affrontare contemporaneamente in tutto quello che sarà il futuro impegno politico».

Giaccardi: identità, libertà, cura

 «Ci sono tre parole chiave che occorre condividere insieme. In un tempo in cui si può fabbricare tutto», afferma Chiara Giaccardi, ordinaria di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «Questa non deve essere l’unica forma di rapportarsi al mondo. Un’altra forma è quella di generare che ha a che fare con la relazione. Noi siamo relazione per questo possiamo generare ed essere generati. Le tre parole da sottoporre ad una critica costruttiva sono: identità, libertà e cura». «Identità è una parola pericolosissima che ha scatenato guerre. È un costrutto statico, oppositivo che si costruisce in contrapposizione ad un altro. Occorrerebbe parlare più di individuazione: un processo dinamico che ci fa prendere forma in relazione a ciò che è altro da noi. La libertà come idea generativa è quella di fare esistere con altri e per altri ciò che ancora non c’è. Questo tempo ci chiede la creatività ed il coraggio di impegnarci per ciò che ancora non c’è. Oggi ci viene chiesto un esercizio di libertà che ci pone continuamente in relazione. E poi c’è la cura. Noi ci dobbiamo prendere cura di questo mondo che è entropico, frammentato e ferito. Allo stesso modo, dobbiamo prenderci cura del pensiero che è sempre più mortificato. La cura è una dinamica di reciprocità dentro cui ci si trasforma andando oltre la prigione del proprio io. La cura è prima di tutto un modo di guardare il mondo. E’ ciò che amiamo che ci fa diventare chi siamo. Se abbiamo imparato a guardare ed ad amare nasce la terza dimensione della cura come impegno che riguarda anche la nostra dimensione politica».

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