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Lettera aperta di un gesuita preside sulla scuola italiana


È di qualche settimana fa la notizia di una mamma finlandese che, dopo aver scelto di crescere i suoi figli in Italia, a Siracusa, ha deciso di lasciare il nostro Paese perché non convinta dal sistema scolastico. In una lettera aperta un preside siciliano, padre Vitangelo Denora, Direttore del Gonzaga Campus di Palermo, fa una riflessione sulla scuola italiana.

«Ho letto la sua lettera con molto interesse e mi dispiace che lei abbia dovuto abbandonare il suo desiderio di vivere in questo nostro bel Paese perché non ha trovato la proposta educativa adeguata per i suoi figli. Dall’altro lato lei ci consegna in positivo due intuizioni importanti.

La prima intuizione è che si potrebbe vivere in questa terra in un modo diverso; si potrebbero cogliere meglio tutte le opportunità che la Sicilia offre, la si potrebbe considerare non una terra da cui partire o talvolta fuggire ma una terra verso cui andare perché ricca di vita, di cultura, di opportunità. Anche la sua posizione geografica e le sue caratteristiche climatiche potrebbero essere pensate out of the box per descrivere nuove centralità europee e planetarie: il centro del Mediterraneo, dove far ripartire una cultura dell’accoglienza, della multiculturalità, di un nuovo umanesimo meno prepotente e più attento alla nostra casa comune.

In concreto si potrebbe vivere in Sicilia trasferendosi da altre parti del mondo e profittare delle condizioni climatiche, culturali ed umane di questa terra per una vita migliore.

La seconda intuizione appare evidente: è fondamentale investire nell’educazione dei propri figli, cercare e trovare il meglio per la loro crescita. È una questione centrale per il nostro futuro.

La loro scuola e la loro formazione richiede l’impegno di tutti in un rinnovato patto educativo: famiglie, istituzioni, società dovrebbero investire la parte migliore delle proprie risorse, prima di tutto mentali, per garantire alle giovani generazioni un’educazione di qualità.

Ed ecco che arriviamo al punto: l’educazione e la scuola sono questioni da rimettere al centro, in modo reale e concreto, nell’agenda della costruzione della società del futuro.

Quando sono stato in Sud America e in Africa mi era del tutto evidente che l’educazione facesse la differenza nella vita dei bambini e delle bambine, per trasformare la vita ed il mondo.  Sentivo la forza dell’andare a scuola, dell’apprendere e del crescere a scuola, non come una cosa tra tante della vita ma come la più importante. Non erano in gioco contenuti da acquisire per riempire la testa ma era in gioco il nostro diventare uomini e donne autentici insieme agli altri perché chiamati ad abitare il mondo in modo più umano. 

È forse questo che in Italia, e in Occidente, dobbiamo tornare a capire, permettendo alla scuola di non restare fuori dall’avventura di diventare oggi più uomini e costruire un mondo migliore.

In concreto è bello vedere quanto nelle vostre scelte conti una buona educazione dei vostri figli e come questo vi metta in ricerca di quel sistema educativo che li aiuti di più ad affrontare un futuro certamente incerto e complesso ma pur sempre carico di promesse.

In effetti, c’è anche una terza intuizione importante nel vostro progetto ed è la sua proiezione internazionale.  Come costruire un mondo in cui le culture si incontrano e condividono il destino di una comune umanità e di cura della casa comune?  La mia risposta è semplice: partendo dai bambini.  Se essi crescono insieme e sono tra di loro compagni di scuola come di gioco e di vita, allora davvero cadono diffidenze e pregiudizi, diventa tutto più colorato e segno di una umanità in pace, ricca di differenze. 

E la Sicilia può essere un luogo eccellente per questo sogno di un rinnovato incontro di culture che ha fatto la ricchezza di questa terra a partire dai più piccoli.

Ora, dunque, vorrei venire al cuore delle vostre critiche alla scuola italiana e penso sia giusto farlo cogliendole come stimoli al cammino e alla ricerca, senza mettersi in una posizione difensiva che non fa avanzare il dibattito.

Toccate dei temi molto importanti: quello di una certa rigidità e frontalità della scuola italiana; quello del non considerare abbastanza che l’educazione, per essere efficace, deve riguardare l’interezza della persona, coinvolgendone in modo integrale tutte le dimensioni; quello della motivazione dei bambini e degli studenti; quello dei tempi e degli spazi scolastici.

Anche la pandemia a dire la verità ci aveva dimostrato tutta l’inadeguatezza di un tipo di didattica frontale e solo trasmissiva ma poi con il ritorno a scuola e le sue difficoltà stiamo rischiando di rafforzare il modello precedente perdendo quelle intuizioni di cambiamento e di innovazione che pure in quel tempo erano emerse.

L’apprendimento per funzionare deve mettere al centro la persona e la sua unicità e deve sollecitare non solo le risorse cognitive, ma tutte le risorse del soggetto a partire da quelle emotive e affettive, le uniche capaci di attivare il processo di apprendimento. Si parte dalla curiosità e dal gusto di apprendere, dal percepire che quello che mi sta per essere spiegato riguarda la mia vita e la mia crescita e poi, attraverso l’intervento del docente che offre stimoli e chiavi per continuare il cammino tenendo sempre conto dei tempi dell’attenzione dei bambini e ragazzi, si procede verso la riflessione personale e l’interiorizzazione, il solo apprendimento che rimane perché personale, capace di entrare nelle fibre della persona e di tradursi in nuova vita, in competenze da spendere nelle situazioni nuove dell’esistenza.


È giusto che voi vi scandalizziate nel vedere processi di apprendimento standard che guardano dall’alto in basso i bambini, nel notare docenti che non hanno la sufficiente cultura pedagogica, nell’evidenziare l’inefficacia di un insegnamento che considera gli studenti come vasi vuoti da riempire (o “salsicce riempite” come dite nella lettera), invece che soggetti che apprendono e crescono vivendo esperienze che, con la guida del maestro, possono favorire lo sviluppo di consapevolezze sempre più ampie e profonde su se stessi e sul mondo per azioni di cambiamento. 

In particolare giustamente evidenziate come sia poco sensato e direi poco umano che la giornata scolastica sia trascorsa sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si ritorna a casa. E’ chiaro che questa postura non attiva l’interesse e la motivazione suscitando passività o al massimo qualche ribellione espressa in azioni di disturbo e chiasso. Essa ancora più radicalmente inibisce addirittura le risorse migliori della persona per l’apprendimento e la crescita. Infatti tutti i recenti studi evidenziano l’importanza del movimento e dell’attività fisica e di libera espressione anche per la riuscita scolastica. 

In modo molto concreto mettete in evidenza l’importanza di ambienti di apprendimento interni ed esterni che dovrebbero essere dinamici e favorire non solo l’ascolto passivo del professore, ma l’attivazione dinamica del gruppo e del lavoro personale e cooperativo.

Molto concretamente suggerite che i ragazzi facciano più pause, escano fuori all’aria aperta nel giardino, abbiamo momenti liberi di movimento, di svago, di gioco e anche di sfogo “per liberarsi delle energie in eccesso” ed insistete giustamente per i vostri figli più piccoli sul gioco come modalità essenziale dell’apprendimento.

Siamo in Sicilia e giustamente trovate ancora più strano che non si sfruttino gli ambienti esterni come ambienti di apprendimento e di gioco. Anche la famosa outdoor education potrebbe davvero trovare qui il contesto più favorevole come è anche successo durante la pandemia a quelle realtà che hanno saputo osare e spostarsi fuori dagli ambienti scolastici chiusi.

Sono tutte osservazioni importanti di fronte alle quali non difendersi, ma interrogarsi e ricercare. La vostra lettera così può e deve stimolare una nuova ricerca. Una ricerca che può contare, anche in Italia, su tanti alleati, certamente nella tradizione pedagogica ma certamente, anche e soprattutto, nell’esperienza e ricerca sul campo di tantissimi insegnanti che quotidianamente dedicano tutte le loro energie forse al più logorante ma anche più affascinante dei mestieri di questo mondo e che giustamente tanti chiamano e sentono come “missione”.

Vorrei certamente citare il mondo delle scuole paritarie che non hanno mai voluto essere un sistema parallelo rispetto alla scuola statale ma da sempre hanno voluto dare il loro contributo in nome della loro specifica tradizione al mondo della scuola italiana tutta, un umile contributo che mira proprio ad evidenziare in modo forte il carattere integrale della formazione e l’importanza di una pedagogia attiva che mette al centro la persona dell’alunno. 

In realtà alla fine di questa lettera non posso non confessare che la vostra ricerca si interseca ed è anche la mia e quella della comunità dell’Istituto che dirigo a Palermo; in questi anni stiamo sviluppando un’idea di educazione integrale che mette al centro la persona in un ambiente sano, bello, ecologico e orientato alla crescita dell’alunno e della comunità tutta. 

Auspico che da questa lettera nasca un movimento di riflessione e innovazione della scuola in Italia che ci renda tutti alleati e protagonisti, nessuno escluso e ognuno facendo la propria parte». 

p. Vitangelo Denora

Direttore Gonzaga Campus di Palermo

direttore@gonzagapalermo.it

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