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Cristiano, Leonardo e Mariano, sacerdoti

Cristiano, Leonardo e Mariano, sacerdoti gesuiti ordinati nel 2022

Diversi gli ambiti di provenienza: multinazionale dell’auto, commercio equo e solidale, seminario diocesano. Ma la strada era altra… La celebrazione il 22 ottobre alle 15 a Roma nella Chiesa del Gesù.

Cristiano

Originario di Sassari, 46 anni, Cristiano è laureato in Lettere. Dopo un master si trasferisce in Lombardia ed inizia a lavorare nel settore risorse umane di multinazionali dell’auto.

“Fu un anziano prete che per primo, ai tempi dell’università, — racconta — mi pose la domanda: non hai mai pensato di farti prete?”. Quelle parole apparentemente innocue iniziarono ad attecchire dubbi.Domande che solo dopo diversi anni trovarono una risposta. “In effetti, quando mi trasferii a Milano e conobbi i gesuiti — sono quelle esperienze quasi-mistiche che decifri con il passare del tempo — sentii il desiderio profondo di essere gesuita”.

Inizia così un viaggio ad alta velocità Milano-Bologna per discernere quella chiamata. “E nell’attimo che durarono quei due anni bussai alla porta del noviziato di Genova nel 2013”.

Il noviziato fu un’esperienza di accettazione di quel desiderio. Un sentirsi accolto in seno alla Compagnia. E amato da Gesù contemplato nel Vangelo.

Poi, dopo i due anni genovesi, lo studio della filosofia a Roma, in Gregoriana. “Un’esperienza profonda di impegno e dedizione tra la filosofia e l’apostolato. Una delle esperienze che mi ha marcato di più nell’essere testimone della fede con i giovani”.

Alla fine della filosofia, nella tappa del magistero, viene inviato prima in Uganda, nel collegio Ocer Campion a Gulu, e successivamente a Napoli, nel quartiere di Scampia. “In quella doppia esperienza — ugandese prima e napoletana dopo — mi lasciai plasmare e convertire dall’incontro con gli ultimi, o meglio, i beati del Vangelo”.

Infine, la teologia a Madrid. “L’esperienza di poter studiare all’estero è stata un’opportunità di crescita personale ma forse ancor di più un’esperienza di Compagnia universale. Un’esperienza di esodo e di incontro con Dio nel sentirmi straniero e chiamato a partecipare della terra promessa”.

Adesso, Cristiano vive a Roma, all’Istituto Massimo. Infatti, nella più antica tradizione gesuitica, è chiamato, nel quarto anno di teologia, ad incarnare e attualizzare lo studio della teologia in vista della missione.

“Indegno ma amato — conclude — desidero contemplare i volti sorridenti e tristi, nei tanti crocicchi del mondo, con gli occhi trasfigurati”. Ed è con questo desiderio che si prepara a ricevere l’ordinazione sacerdotale.

Leonardo

“Il mio cammino inizia letteralmente con dei viaggi attraverso l’Europa, in treno. Avevo 21 anni e scoprivo che c’era un mondo da conoscere, confini da superare, una libertà da guadagnarsi con coraggio”.

A 23 anni è in India: “conosco il buddhismo e scopro che la libertà non è da cercarsi fuori ma dentro. Mi affascina l’idea di un cammino personale di libertà che non prevede Dio, che a quel tempo mi poneva un po’ in difficoltà. Un anno dopo finiti gli studi a Barcellona, spinto da non so cosa (in quel momento), rientro nella chiesa dove ero cresciuto a Martellago, Venezia, e dopo una confessione inattesa con il vecchio parroco di quando bambino, riscopro Gesù. Lui predicava con la sua vita una libertà per gli altri e questo era per me un vero salto”.

Il progetto di lavorare da ingegnere gestionale nella cooperazione internazionale lo porta in Paraguay con il commercio equosolidale. “Qualcosa non tornava, dovevo ancora scoprire che la vera libertà era quella di essere amato anche quando ai miei occhi non valevo niente. Giusto lì, e solo lì, quando mi sentivo spogliato di tutte le mie sicurezze ho sentito che la vita vera era offrire la mia libertà al Signore. E mentre mi chiedevo dove e come offrirla, la Compagnia di Gesù, attraverso diversi gesuiti, mi ha accolto, mi ha fatto sentire a casa e mi ha offerto la cosa più preziosa: un modo di pregare per conoscere Gesù e conoscere me stesso, gli Esercizi Spirituali”.

Negli anni di formazione la conoscenza di sè e della Compagnia si fa più reale e disincantata.” Come in un’amicizia o in una coppia, impari a volere bene perché ti vogliono bene, impari a perdonare perché sei stato perdonato e ancora non smetto di implorare pazienza prima con me stesso e poi con gli altri. E poi nel cammino capisci che il compagno è uno fra i tanti, che non può essere tutto ma non può neanche far finta di essere niente. Ognuno con la sua storia ha qualcosa da offrire e restituire agli altri. E ho capito poi anche che il compagno di Gesù è compagno di tanti altri, che il Signore ci ha messo vicino per lavorare, imparare, accompagnare ed essere custoditi. E insieme siamo la Chiesa, in questo mondo così veloce e complicato. Il sacerdozio per me è questo: camminare con gli altri prendendomi di cura di chi ho vicino, lasciando che il Signore si serva di noi per il suo Regno”.

Mariano

Ho studiato filosofia all’università. La mia storia vocazionale?

Tesi, antitesi e sintesi. Ve la racconto così!

Il primo momento è quello della “tesi”, il momento dell’affermazione, in cui una realtà si pone nel suo essere implicito e nel suo graduale esplicarsi. 

Questo primo passaggio l’ho vissuto al termine del liceo a Potenza, quando dopo la maturità classica, decisi di entrare in seminario. Nonostante i 4 anni vissuti in seminario sentivo che la vita del prete diocesano non combaciava con il mio sentire più profondo, sebbene ancora nebuloso in quel tempo. 

Era necessario allora “l’antitesi”, il secondo momento, quello della negazione in cui una realtà già determinata si nega. Questo è un passaggio cruciale della dialettica in quanto in parte supera e in parte conserva quello che in precedenza c’era nella tesi. Questo movimento per me è segnato dal passaggio dalla realtà del seminario a quella dei domenicani. Infatti il desiderio della vita religiosa mi aveva sempre attratto sebbene non sapessi ancora determinare nè la forma nè il carisma. Il passaggio dai domenicani però è stato cruciale perché consentendomi di completare i miei studi di teologia mi hanno indirizzato alla facoltà dei gesuiti di Napoli per ultimarli. Ed ecco allora l’ultimo passaggio della dialettica, quello della sintesi, che per Hegel, rappresenta il motivo della riaffermazione della tesi e del superamento dell’antitesi. La sintesi rappresenta l’idea che ritorna in sè in modo nuovo. Per me, infatti, l’incontro con la spiritualità ignaziana ha rappresentato il luogo in cui dare finalmente forma e nome alla mia vocazione. Gli esercizi spirituali sono stati determinanti per poter incontrare il Signore in intimitá sperimentandone tutta la sua tenerezza. Questo mi ha consentito di esprimere il desiderio di voler entrare nei gesuiti e di poter dare la mia vita vivendo come un Compagno di Gesù. 

In termini meno filosofici ma più esistenziali posso dire che la mia è stata una profonda ricerca di senso nel cercare di comprendere quale fosse la volontà di Dio per me. Gli anni vissuti in Compagnia sono stati anni di conoscenza della mia identità personale in vista di una maturazione capace di poter portare a frutto i talenti ricevuti in dono da Dio. Gli esercizi, le tante esperienze fatte, i tanti apostolati, sono serviti invece per rinnovare lo sguardo sulla realtà e sul mondo. Sono stati anni, soprattutto, in cui convincermi che la frase più rivoluzionaria della Scrittura è: non vi chiamo più servi ma amici. 

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