In seminario? Ecco i prerequisiti

Posillipo, Napoli. Al seminario interregionale sono circa 15 i ragazzi che, negli ultimi anni, chiedono di iniziare il percorso. Arrivano da 14 diocesi campane e alcuni da altre regioni. Sei anni l’iter di formazione.
Ma, anche se i numeri di chi sceglie la vita presbiterale sono in diminuzione, sono almeno due i prerequisiti indispensabili per accedere. Ad illustrarli è p. Andrea Piccolo SJ, rettore:
Esperienza di Dio
“Innanzitutto aver fatto un’esperienza di incontro personale con Gesù. Non è scontato. Intendo un’esperienza vera, legata alla vita, non un sentito dire a livello teorico. Avere incontrato Gesù come un amico parla ad un amico direbbe Sant’Ignazio, una persona che mi ha toccato profondamente.
Oggi manca un’esperienza significativa di cosa significa vivere. L’attenzione è spostata su altro. I social contribuiscono a togliere la materialità dell’esperienza spostandola nel virtuale che per alcuni è l’unica possibile. Ma così non si fanno mai i conti con la vita vera.
Desiderio di lavorare su sé stessi
È fondamentale poi il desiderio e la libertà di lavorare su sé stessi, rispondere con serietà alla domanda chi sono io? non solo teorica e descrittiva. Oggi in maniera più forte ed evidente significa fare un lavoro profondo su sé stessi, andare alla ricerca della perla nascosta, le qualità personali che ciascuno ha. Saper guardare in faccia i nostri buchi neri, le ferite delle storie, le relazioni che non ci hanno fatto crescere, che ci hanno bloccato. Un lavoro umano previo complesso e lungo.
Dobbiamo ricordare che la prima nostra vocazione è prenderci cura di noi stessi, poi possiamo parlare di altro. La realtà ci sbatte in faccia questa verità. La figura genitoriale è andata in crisi. Un certo consenso sociale su alcuni valori, di fede e di vita civile, è venuta meno a fronte di una grande frammentarietà. Le persone fanno quindi fatica a trovare una direzione, una risposta alla domanda chi sono io?

Esperienza ecclesiale
Aver maturato un vissuto concreto in una realtà parrocchiale o associativa nella chiesa è la chiave di un progressivo decentramento dal proprio io al noi. Aver fatto parte di un gruppo di pari assaporandone i doni ricevuti e scontrandosi con le differenze e le fatiche del camminare assieme, lasciandosi andare tra coetanei: questo tipo di esperienza non è più consueta e scontata e se ne percepisce la mancanza.
Oggi i primi due anni di seminario sono pensati ancora per accompagnare un discernimento in tal senso. Due anni benedetti in cui alcuni capiscono che non è la loro strada, altri la confermano. I tempi di maturazione si sono allungati, anche perché vengono meno adulti autorevoli e significativi che promuovano e sostengano con la loro robustezza personale i “tentativi di volo autonomo” dei più giovani.
Nel giro di due o tre anni di cura e di attenzione vediamo tanti ragazzi sbocciare. Sono gioie impagabili, per noi che sperimentiamo questa paternità spirituale.
Ripensare la pastorale
Non è il seminario che forma come prima istanza. È la vita. Il seminario offre la possibilità di rileggere la vita alla luce della Parola, della relazione con Gesù, della vita comunitaria ed ecclesiale.
Dobbiamo ripartire dall’aiutare i ragazzi ad innamorarsi della vita. La vocazione parte sempre da un grande amore per la vita, ferite, dolori e contraddizioni comprese. La vita del cristiano è un grande grazie al creatore della vita.
Rileggere le esperienze
Che l’annuncio poi sia una rilettura dell’esperienza vissuta. Si impara dagli errori, si gioisce dei successi. Anche lo studio della filosofia e della teologia offre degli strumenti intellettuali indispensabili per abilitare alla rilettura della realtà, e di quello che viviamo in prima persona.
Operatori formati e capaci
È finita l’epoca di chiamare la prima persona disponibile per fare catechismo perché c’è un buco da tappare. I bisogni formativi dei bambini e dei ragazzi ci stanno urlando che, anche nelle parrocchie, occorre coinvolgere persone adulte e giovani/adulte formate e che abbiano un minimo di competenze pedagogiche: la base dovrebbero essere la capacità di empatia e di ascolto libero e disinteressato.