Nicolò Mazza
Canti delle distanze
Con la sua ultima raccolta poetica, vincitrice del Premio “Talent Book 2014” e pubblicata da Ibiskos Editrice Risolo di Empoli, Nicolò Mazza SJ consegna ai lettori versi che sono «vivi di una veemenza quasi reboriana», nei quali si coglie «il ritratto di una ferita, del suo palpitare che inquieta», afferma il poeta Davide Rondoni nella sua Prefazione al testo. «Tutte le ferite, i segni, i dolori, le fioriture, le seduzioni, i magmi e i magoni che la vita ci offre, non sono di per sé sufficienti a portarci da qualche parte», perché «occorre sempre una “decisione”, un movimento, una mossa della libertà profonda. E questo libro ne è la messa in scena, il diario profondo, la mappa dell’invisibile», prosegue nelle sue note introduttive Rondoni, fondatore e già direttore del Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna. La silloge, composta da due sezioni, è una sorta di diario poetico di questi ultimi anni, vissuti da Mazza nel tentativo di integrare realtà di segno apparentemente opposto, come il dolore e la meraviglia, il bisogno di radicamento e la necessità del viaggio quale cifra essenziale di ogni desiderio e di ogni attesa, fino ad arrivare al dialogo necessario tra riflessione e arte, filosofia e poesia, ragione e fede. Come annota Raboni nel suo Autoritratto del 2003, quando un poeta comincia a scrivere, a monte «c’è una qualche mancanza, una qualche ferita, perché […] se uno fosse perfettamente felice e in pace con se stesso non gli verrebbe in mente di scrivere poesie». Questa sorta di presentia in absentia, che è una mancanza per così dire tangibile, un desiderio, una nostalgia, è chiaramente presente nei versi di Mazza, che – come ha scritto in diverse occasioni la nota poetessa e critica letteraria Norma Malacrida – «sono espressione di sentimenti talora molto sofferti e di emozioni che nascono nei meandri più segreti di un’anima complessa, tesa continuamente a rivedersi, in una tensione che chiama in campo la coscienza, in un memorialismo altamente lirico». Canti delle distanze sembra segnare un passaggio, una maturazione evidente nella poetica di Mazza, che mostra così di essere un uomo sempre in ricerca, un poeta inquieto, un «gesuita dal pensiero incompleto». Uno, cioè, consapevole di portare dentro di sé la somma di tutto il possibile umano, che un poeta della levatura di Raboni individuava proprio nel racconto evangelico, riconosciuto e vissuto dal poeta Mazza mai come risposta, ma piuttosto come una domanda costantemente aperta. In questo senso, nella seconda parte dell’opera – prosegue ancora Rondoni nella sua attenta lettura dei testi – «il lettore si trova un’improvvisa sorpresa, un’apertura. La California. Non importa per quali passaggi si sia arrivati fin là, da una Sicilia che naturalmente l’autore porta con sé, in un nuovo spazio, aperto dalla e alla “decisione”, in cui la distanza tra Napa Valley e l’Isola diviene luogo di una scoperta della parola che la vita e il mondo vogliono fare intendere al poeta ascoltatore, all’uomo cercatore».
Secondo Malacrida, le poesie di questa nuova raccolta del poeta Mazza «si snodano in uno stile di minimalismo efficace, nella conduzione pregevole di una versificazione che fa uso di figure retoriche ben strutturate in un uso esperto di grande effetto simbolico-rappresentativo».