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Sopra la mascherina occhi che guardano oltre: Rapporto annuale Centro Astalli 2021

Presentazione di un libro presso la comunità dei gesuiti di Villapizzone a Milano

Cittadini invisibili di città deserte, senza lavoro, assistenza sanitaria e reti relazionali. 17 mila persone ascoltate. La vicinanza dei Centri della rete. “Servizi rimodulati ma mai sospesi, per costruire insieme una cultura dell’incontro”. Il rapporto 2021 del Centro Astalli

Presentato oggi, in diretta online sul canale YouTube del Centro Astalli, il Rapporto annuale 2021, con la testimonianza di Mpemba Umba, rifugiata congolese in Italia, scappata per la guerra: “Sono mamma di una bimba di 8 anni. Prima della pandemia lavoravo come receptionist. Ho perso il lavoro e sono tornata al Centro. Mi aiuta a pagare le bollette, l’affitto e poi umanamente. Con loro sto per realizzare uno dei miei sogni: divenire operatore socio-sanitario, un lavoro garantito per me e il futuro di mia figlia e la possibilità di aiutare altri”.

“Mai come nel 2020 da dietro la mascherina lo sguardo al futuro dei rifugiati evocava un passato, parlava di un presente e sperava in un futuro” ha sottolineato p. Camillo Ripamonti, Presidente del Centro. “La pandemia li ha fatti emergere dall’invisibilità, rendendoli unici cittadini di città deserte”.

Il rapporto racconta questo mondo visto dalla sede di Roma e dei vari centri territoriali: Bologna la nuova realtà della rete, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Trento, Vicenza e Padova. “17 mila i rifugiati, in trappola, vittime di politiche miopi, ideologiche e strumentali” ha aggiunto.

“Un tempo di grande sfide, le emigrazioni priorità assoluta che la comunità internazionale deve affrontare in modo unito e solidale” ha evidenziato David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, nel messaggio di saluto. “Almeno 80 milioni di persone sono state costrette a fuggire. La maggior parte da Sud Sudan, Afghanistan, Siria e Myanmar. La pandemia è diventata una ulteriore crisi di protezione e sostentamento. Il Centro Astalli, da 40 anni offre non solo alloggio e cibo ma da sempre una cultura della pace e dell’accoglienza.

Come Europa abbiamo il dovere di valorizzare quell’idea di cittadinanza globale e solidale. Servono regole che umanizzino i meccanismi globali. Dobbiamo lavorare su politiche concrete e realistiche”.

Il rapporto

Uno sguardo sovranazionale

“Gli occhi che emergevano dalle mascherine dei rifugiati incontrati, raccontavano umiliazioni, disuguaglianze, soprusi”. Venezuela, Siria, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar i paesi principali di migrazione. Nel 2020 circa 168 paesi hanno chiuso le frontiere e in 90 interdetto l’accesso ai rifugiati. Gli arrivi in Italia via mare circa 34 mila: 13 mila persone partite dalla Libia, 11 mila riportate indietro, oltre 1400 hanno perso la vita durante la traversata. “La pandemia per molti è uno dei tanti mali, non il peggiore. Sopravvivere nei centri di detenzione, essere riportati in un porto non sicuro, morire in mare. Anche la rotta balcanica è tornata di grande attualità nel 2020 evidenziando la tendenza dell’Europa ad esternalizzare le frontiere e respingere da uno Stato all’altro. Una sorta di erosione del diritto di asilo”.

A testimoniarlo p. Stanko Perica, gesuita croato, direttore del JRS Europa Sud Est (Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Kosovo, Macedonia, Serbia). “Migliaia di persone passano per cercare una vita migliore in Europa. Il numero cresce sempre di più. Nel 2019 il campo senza acqua e elettricità. Poi l’incendio del campo di Lipa. Distribuiamo cibo, acqua, vestiti, Carichiamo i loro cellulari, pannelli solari. Abbiamo 18 mediatori culturali, volontari medici – tra cui un seminarista gesuita. Molti non possono fare una doccia o cambiare vestiti”. Dalle lesioni fisiche alle traduzioni per questioni legali: “stiamo vicini, vogliamo mostrare il volto ospitale dell’Europa. Nulla unisce le creature quanto la sventura affrontata insieme”.

La convivenza in Italia

“Distanziamento sociale non è sinonimo di indifferenza” ricorda p. Ripamonti. Oltre 17 mila le persone accompagnate dal Centro Astalli, di cui 10 mila solo a Roma. “La pandemia ha reso visibili gli invisibili estremizzando la loro condizione”. Oltre 50 mila i pasti distribuiti alla mensa del Centro, con presidi medici. A marzo ed aprile ai rifugiati si sono uniti senza fissa dimora italiani e comunitari. “La porta del Centro non è stata mai chiusa, un riferimento costante. Così per tutte le sedi territoriali. I servizi rimodulati ma mai sospesi.

Alcuni degli effetti dei decreti sicurezza si sono fatti sentire duramente con lo scoppio della Pandemia. Poi il lockdown ha bloccato tutto: i permessi di soggiorno, con l’impossibilità di iscriversi al servizio sanitario nazionale con rischi per la propria salute e quella della collettività.

Le accoglienze sono continuate: 882, l’% degli accolti in Italia.

Chi aveva intrapreso un cammino di integrazione lo ha dovuto interrompere bruscamente. Una rete relazionale li ha sostenuti. 178 le madri sole accolte a Roma, il 54% del totale degli utenti del servizio. La perdita del lavoro, per chi lo aveva, ha generato problemi e difficoltà”.

Un ringraziamento e uno sguardo sul futuro

Costruire una cultura dell’incontro è il sogno del Centro, nato dal desiderio di p. Arrupe.

“Anche nel 2020 sono continuati i processi di sensibilizzazione nelle scuole, “finestre” e “incontri”: 15 città, 15 mila studenti coinvolti. Abbiamo continuato ad affiancare studenti e docenti perchè la scuola è un luogo in cui continuare a cercarsi, anche in questo tempo, di una conoscenza che responsabilizza. L’educazione è un punto centrale del nostro presente e futuro”.

La solidarietà autentica infine con uno sguardo oltre le mascherine, “che nasce da una collaborazione piena di fantasia, per un’obiettivo comune: una vita felice accanto ai rifugiati. In migliaia insieme a volontari e operatori che non si sono dati per vinti. Insieme hanno cercato un modo per uscire migliori da questa crisi”.

“Ringraziamo il Signore per il 40 anni del Centro Astalli” ha sottolineato nel suo messaggio il Card. Tagle. “Una testimonianza di umanità, amore attivo e compassione. Non un semplice resoconto di attività. Abbiamo potuto vedere e toccare il loro dolore, sentire le loro grida, sperimentare le loro paure verso un futuro sconosciuto. Arrivare in un nuovo Paese comporta pesi da portare: incertezze, rifiuto, manipolazione. La pandemia ha aggravato questa situazione. Rispetto, ascolto, attenzione hanno irrorato la loro storia di luce. I migranti sono ponti umani tra i Paesi di origine e destinazione. I migranti giunti in Italia hanno saputo creare ponti di solidarietà insieme ai volontari del Centro. Una consapevolezza che mi ha consolato. Proviamo le stesse gioie, gli stessi sogni, dolori e speranze. Sono fratelli, sorelle, persone uniche,ma anche lo specchio di quel che siamo noi. Avete reso testimonianza alla presenza di Dio che cammina con il suo popolo”.

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