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“Volti al futuro, con i rifugiati per un nuovo noi”

Volti sorridenti, venti ritratti di uomini e donne tra le strade di Roma. Sono alcuni dei rifugiati che in questi anni il Centro Astalli ha accolto e accompagnato. Alla sensibilità dell’obiettivo di Francesco Malavolta è stata affidata la mostra evento per i 40 anni del servizio dei gesuiti per i rifugiati, fondato da padre Pedro Arrupe nel 1981.  

Stamattina l’inaugurazione presso la chiesa di SantAndrea al Quirinale, dove resterà fino al 28 novembre, per poi trasferirsi in quella di sant’Ignazio e quindi girare per tutt’Italia, nelle diverse sedi di Astalli. Presenti il cardinale Angelo De Donatis, vicario per la diocesi di Roma e il cardinale Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e la presidente del primo municipio, Lorenza Bonaccorsi, e poi amici e sostenitori di Astalli.

Il saluto di Cedric

Come consuetudine l’incontro è stato aperto dalla voce di un rifugiato. È toccato a Cedric, dalla Repubblica democratica del Congo, ritratto anche in uno delle foto in mostra. «Sono un attore. Ho fatto dell’arte la mia vita, la mia passione, ma è per l’arte che sono stato costretto a lasciare il mio paese. Attraverso la recitazione, il teatro, il cinema ho denunciato la violenza della polizia sulle donne detenute, una violenza altrimenti taciuta dal governo. Non potevo e non volevo rimanere in silenzio. Ma la mia voce ha significato essere condannato a morte». Questa la radice di una partenza. Oggi, ha continuato il giovane, «sono qui per festeggiare i 40 anni del Centro Astalli. In questi anni tante persone, tanti volti, tante storie sono passati prima di me e tante ancora passeranno dopo; una umanità in fuga dai conflitti, dalle violenze e dalle catastrofi del mondo. Oggi sono qui anche in nome di tutti loro. Ma soprattutto oggi sono qui per chiedervi di guardare i nostri volti, di guardarci negli occhi e provare a vedere il mondo attraverso i nostri sguardi. A tutte le persone che come me sono in cammino, in fuga da guerre e violenze, e che sono in cerca di pace, e diritti, auguro di trovare una porta aperta, la porta giusta, la soglia attraverso cui intravedere un nuovo domani».

Tempo di un cambio di passo

Nel suo saluto, padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro, ha inquadrato la celebrazione nella situazione attuale: «L’intuizione di padre Arrupe, fondatore del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, è stata in questi anni, uno stimolo. Tanti passi avanti si sono fatti, ma proprio nel momento in cui c’è la consapevolezza globale che è necessario uno sforzo per affrontare il fenomeno della mobilità umana, sembra che più forti emergano quelle spinte che tentano di rinviare la sua gestione multilaterale con spirito di solidarietà». Ripamonti ha ricordato che in questi giorni, sul confine tra Bielorussa e Polonia «si sta consumando l’ennesimo braccio di ferro sulla pelle dei migranti. Solo l’ultimo in ordine di tempo, per quel processo di esternalizzazione delle frontiere che ha come conseguenza l’ennesimo ricatto per l’Unione da parte dei Paesi confinanti. E il diritto d’asilo nato per tutelare la dignità umana sembra diventato un problema e non una delle conquiste più alte del nostro vivere civile. Anche gli arrivi via mare, funestati da continue morti, diventano insostenibili per i Paesi del sud dell’Europa se manca una solidarietà tra gli Stati dell’Unione. Eppure questo non può legittimare lasciare le persone senza soccorso o riconsegnarle alla Libia, approdo non sicuro». È tempo, dunque, ha aggiunto il gesuita, «di un cambio di passo dell’Unione. Così come si è stati capaci di far fronte alla pandemia, insieme dobbiamo avere il coraggio di ripetere questa unità di intenti per un fenomeno, quello delle migrazioni forzate, che non cesserà, perché il mondo è malato e ferito dall’ingiustizia».

Francesco denuncia il deserto di umanità

Un lungo messaggio affettuoso inviato da  papa Francesco ha fatto da introduzione alla mostra. Il Papa si è rivolto direttamente ai rifugiati, – Duclair, Nathaly, Haider – a rappresentare le persone rifugiate che in questi ultimi 40 anni sono arrivate in Italia e sono state accompagnate dal Centro Astalli. «Quaranta, nella Bibbia, è un numero significativo che ha molti rimandi, ma certamente pensando a voi mi viene in mente il popolo di Israele che per 40 anni cammina nel deserto, prima di entrare nella terra della promessa. Liberato dalla schiavitù ha impiegato il tempo di una generazione per costituirsi come popolo, con non poche difficoltà. Anche gli ultimi quarant’anni della storia dell’umanità non sono stati un progredire lineare: il numero delle persone costrette a fuggire dalla propria terra è in continua crescita».

«Molti tra voi sono dovuti scappare da condizioni di vita assimilabili a quelle della schiavitù» sottolinea il Papa, «dove alla base c’è una concezione della persona umana deprivata della propria dignità e trattata come un oggetto». Purtroppo il mettersi in cammino, ha sottolineato il Papa,« non ha costituito in molti casi una vera liberazione, troppo spesso vi scontrate con un deserto di umanità, con un’indifferenza che si è fatta globale e che inaridisce le relazioni tra gli uomini».

Papa Francesco non dimentica i segni di speranza che pure in questi 40 anni «ci permettono di poter sognare di camminare insieme come un popolo nuovo verso un noi sempre più grande». E, rivolgendosi direttamente ai «cari rifugiati», li indica come  «segno e volto di questa speranza»: «C’è in voi l’anelito a una vita piena e felice che vi sostiene nell’affrontare con coraggio circostanze concrete e difficoltà che a molti possono sembrare insormontabili. Quando vi viene data la possibilità, ci offrite parole indispensabili per conoscere, comprendere, non ripetere gli errori del passato, cambiare il presente e costruire un futuro di pace. Sono segno di questa stessa speranza anche le storie di tante donne e uomini di buona volontà che in questi quarant’anni al Centro Astalli hanno donato tempo ed energie: migliaia di persone diversissime tra loro ma unite dal desiderio di un mondo più giusto in cui dignità e diritti siano veramente di tutti».

Czerny: “I diritti di tutti sono diventati privilegi di alcuni”

Alle parole del Papa hanno fatto seguito quelle del cardinale  Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione Migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. «Purtroppo oggi assistiamo a una contrazione dell’universalità dei diritti umani e la pandemia lo ha tragicamente evidenziato. I migranti e i rifugiati hanno subìto molto spesso sulla loro pelle la trasformazione dei diritti di tutti in privilegi di alcuni». Czerny fa alcuni esempi: dai migranti respinti alla frontiera del Messico ai viaggi della speranza nel Mar Mediterraneo, dagli esodi delle popolazioni sfollate interne dell’Africa alle persecuzioni delle minoranze etniche dell’Asia e dell’America Latina. «Davanti a una storia che sembra tornare indietro, di fronte a tanto dolore, a tante ferite, alla consapevolezza che la pandemia ha creato rispetto a questo mondo malato, non possiamo rimanere indifferenti». Il futuro dell’umanità, ha aggiunto, «passa attraverso l’inclusione sociale dei migranti, la costruzione della pace e il dialogo sociale. La condizione per costruire inclusione, giustizia e pace è camminare insieme». Per fare ciò, ha concluso, «non ci sono ricette teoriche, ci sono tanti accordi e patti ma che rischiano di rimanere lettera morta se non vengono tradotti in politiche attive. Occorre progettare e camminare insieme. Per farlo, però, dobbiamo avvicinarci veramente ai rifugiati come persone, conoscere la loro vita e acquisire il loro sguardo sulla vita. Solo così possiamo vedere il mondo dal loro punto di vista. Ora ci aspetta una sfida per il futuro quella di una cultura dell’incontro che apra a comunità sempre più inclusive e solidali, dobbiamo camminare verso un noi sempre più grande».

“Grazie al Centro Astalli Roma è una città migliore”

Oltre a ringraziare Astalli per il suo lavoro, il vicario del papa, cardinale Angelo De Donatis, ha detto che «come Chiesa di Roma sento l’urgenza di aprire un percorso di riflessione teologica e spirituale sui cambiamenti epocali che ci abitano affinché si possa ripensare profeticamente la presenza delle nostre comunità sui territori ed essere segno di fratellanza, unità e inclusione. È necessario costruire nuove basi per un dialogo interculturale profondo che ci permetta di riconoscere la ricchezza dell’altro, il dono di chi bussa alla nostra porta per offrirci la possibilità di redenzione, per offrirci la possibilità di riscrivere nell’incontro, la nostra identità individuale, sociale e culturale».

Per il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, «grazie al Centro Astalli Roma è una città migliore».

Una raccolta fondi

In occasione dei 40 anni il Centro Astalli lancia una campagna di raccolta fondi  che prende il titolo dalla mostra “Volti al futuro con i rifugiati per un nuovo noi”. Con questo progetto aderisce all’iniziativa del Giving Tuesday, la giornata mondiale dedicata al dono. È possibile sostenere le attività in favore dei rifugiati in due modi:

– vota e fai votare il progetto “Volti al futuro con i rifugiati per un nuovo noi“ sulla piattaforma Giving Tuesday, il progetto che raggiungerà il maggior numero di voti infatti potrà vincere il contest del Giving Tuesday: in palio un premio per finanziare il progetto;

– sostieni i rifugiati con una donazione. Contribuirai a realizzare e implementare i servizi e le attività del Centro Astalli per i rifugiati.

Per le donazioni:

Conto corrente postale, n. 49870009, intestato a: Centro Astalli per l’assistenza agli immigrati ODV – via degli Astalli 14/A – 00186 Roma

Bonifico bancario, Banca Intesa San Paolo, sede di Roma, via dei Crociferi 44 – 00187;
Conto corrente intestato a Centro Astalli per l’assistenza agli immigrati ODV
IBAN IT16P0306905258100000005230 codice BIC  BCITITMM

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