La nostra formazione
Nella visione ignaziana del mondo non c’è spazio per la mediocrità. Il nostro motto, “Ad maiorem Dei gloriam”, riassume tutto il nostro slancio spirituale. Il nostro agire è connotato da un “magis”, una tensione viva che ci ricorda come sia sempre possibile fare un passo avanti rispetto a dove siamo arrivati. Il nostro camminare corrisponde al manifestarsi sempre più esplicito della gloria di Dio. Il motore fondamentale della nostra formazione è il discernimento degli spiriti. Con esso, impariamo a riconoscere il bene che abita in ciascuna situazione e a scegliere quella che guida al bene maggiore.
Dimensioni
Gli esercizi spirituali
Gli Esercizi Spirituali, frutto dell’ispirazione del Signore colta dal genio spirituale di Ignazio, è la sorgente che genera il nostro modo di rapportarci al Signore, a noi stessi e al mondo. E’ un tempo che viviamo ogni anno, fuori dalla vita ordinaria, che ci permette di rientrare nella realtà con gli stessi sentimenti di Cristo. E’ un itinerario strutturato e personalizzato che consente di rimettere ordine nella nostra vita e ritrovare il centro propulsore del nostro agire: la relazione viva con il Risorto.
La meditazione quotidiana
Il nostro modo di pregare quotidiano consiste nella meditazione personale della Parola di Dio. Un tempo di silenzio interiore dove il vissuto della giornata, fatto di impegni, relazioni e situazioni, viene immerso nella Parola per permettere al nostro cuore di risuonare in base alle corde che vengono toccate. L’esercizio paziente del metodo ignaziano di preghiera sollecita costantemente la nostra coscienza a distinguere le varie “mozioni spirituali” che ci muovono all’azione e riconoscere quelle che vengono dallo Spirito. Ci esercitiamo così nell’arte del discernimento.
L’esame di coscienza
Non si tratta di ripensare al giorno passato e giudicare come buono o cattivo quello che abbiamo fatto. L’esame di coscienza serve piuttosto a recuperare lo sguardo benevolo con cui Dio guarda la nostra vita e riversarlo nella giornata appena trascorsa. Affiorano così le consolazioni e le desolazioni che abbiamo vissuto: sono i luoghi in cui la nostra libertà si gioca nelle diverse situazioni, ora espandendosi, ora deteriorandosi. Il nostro vissuto, avvolto dall’amore del Padre, si unifica attraverso il ringraziamento o la richiesta di perdono che partono dal cuore.
Amicizia tra di noi
La missione comune è lo spazio che ci è dato per imparare a volerci bene e a fidarci gli uni degli altri. Nel tempo della formazione ci vengono offerti ampi spazi di gratuità, dove “perdere tempo” tra di noi. E’ la condizione che permette di coltivare legami di amicizia solidi e stabili, sollecitandoci a condividere spontaneamente e in modo informale l’esperienza di vita, il sentire, il lavoro quotidiano, la vita interiore. L’intesa che si costruisce diventa testimonianza attiva nel momento in cui lavoriamo insieme.
Collaborazione
La collaborazione all’esterno della Compagnia ci sprona a ricordare che la nostra identità di religiosi assume significato solo contestualizzandola in un mondo di relazioni dove ci si arricchisce a vicenda. In collaborazione con altri, attraverso un dialogo rispettoso e una riflessione condivisa, nella fatica fatta insieme a coloro che portano avanti un impegno simile al nostro ma con vocazioni differenti, arriviamo a conoscere meglio il nostro cammino e a percorrerlo con rinnovato entusiasmo e nuove intuizioni.
Mediazione
Sull’esempio di Gesù, mediatore di salvezza, il nostro servizio alla fede si traduce innanzitutto nell’intessere relazioni di mediazione lì dove si produce ingiustizia e sofferenza. I luoghi preferenziali della nostra missione sono le frontiere, ovvero luoghi bisognosi di riconciliazione.
La nostra azione cerca, in ogni sua forma, di costruire ponti per favorire la pace. Questo richiede una sempre più profonda comprensione del mondo e dell’azione di Dio, che continuamente opera per creare un'umanità riconciliata.
Nella nostra formazione, particolare cura viene data alla dimensione dell’ascolto aperto e accogliente per creare quello spazio dove l’altro possa sentirsi libero di far affiorare ed elaborare bisogni, frustrazioni e ferite.
Apprezzare il buono già presente
Il nostro metodo di inculturazione parte dal presupposto che l’umanità nel suo modo di vivere è sempre espressione, consapevole o meno, della sua figliolanza divina e quindi merita di essere rispettata e avvicinata con attenzione per capire come lo Spirito si manifesta in essa e genera un bene che con le nostre categorie non possiamo sempre cogliere immediatamente. Siamo così stimolati a studiare pazientemente a fondo i contesti in cui viviamo piuttosto che demonizzarli o giudicarli a priori, per scoprire e percorrere vie inedite che portano al Signore.
Esplorare le possibilità
Sin dalle origini, la dimensione intellettuale è considerata essenziale per ogni nostro ministero. Durante il periodo di formazione riceviamo gli strumenti necessari per imparare a riflettere in maniera approfondita e sistematica sulla condizione umana alla luce del vangelo, per individuare le motivazioni di fondo, spirituali, psicologiche, sociali economiche e politiche che muovono gli uomini del nostro tempo ed elaborare proposte nuove e adeguate per integrare il servizio alla fede con la promozione della giustizia in tutti i suoi aspetti.
Elaborare nuovi linguaggi
Attenti alle novità e all’innovazione, cerchiamo di ricomprendere la nostra fede nel mondo che cambia. Lavorare con nuovi linguaggi e adottare nuove prospettive è un esercizio che mette continuamente in discussione le nostre convinzioni e ci stimola a riformularle non a partire da schemi precostituiti, ma da esperienze vive e attualizzate. Impariamo così a pensare non in modo astratto, per concetti, bensì in modo relazionale.
Abitare i paradossi
La pedagogia ignaziana ci invita a non schivare i paradossi e le contraddizioni, bensì a diventarne amici. Il vangelo stesso è pieno di paradossi. Il più grande di tutti è quello della croce: un segno di morte che diventa simbolo di salvezza. Il cuore dell’uomo è un luogo brulicante di paradossi. Imparare ad abitare la dimensione del paradosso è una via per trovare la sapienza e sviluppare la creatività. Così le contraddizioni ci interpellano continuamente: essere o fare? Contemplazione o azione? Stare con Cristo o vivere nel mondo? Non si tratta di trovare un compromesso, bensì di lasciarsi toccare dal fastidio e dall’ambiguità che la contraddizione sprigiona e interrogarla finché non rivela il suo significato nascosto.
Celebrare i fallimenti
Vivere un fallimento non è mai piacevole, soprattutto dopo aver lavorato con passione. Rileggere il fallimento e accoglierlo significa lasciarsi mettere in discussione, venire a contatto con la nostra umanità più fragile, conoscere l’umiltà come ulteriore occasione per lasciarsi salvare dal Signore. Il fallimento spoglia delle proprie certezze e di tutto ciò che è inessenziale. Sul versante apostolico, il fallimento ci aiuta a empatizzare con le persone che quotidianamente fanno esperienza di insuccessi, delusioni, frustrazioni e ingiustizie. Così impariamo a rispettare e a custodire l’altro ferito, senza scappare impauriti.
Affrontare le opposizioni
Affrontare l’opposizione (certamente dei nemici, ma soprattutto degli amici o a volte dei superiori) in modo costruttivo è un grande aiuto per crescere nella costanza e nella fedeltà alla missione. Imparare a chiedere, dare e ricevere feedback mentre si lavora insieme, permette di migliorare la qualità delle nostre relazioni e del nostro agire. Ignazio negli esercizi invita a prendere sul serio le affermazioni dell’altro, evitando di giudicarle o sminuirle, cercando di capire che cosa veramente vogliono comunicare.
Letture consigliate
Le tappe del percorso formativo
E’ il primo passo per chi viene accolto in Compagnia. Qui viene iniziato al nostro modo di vivere, di pregare, di guardare sé stesso e il mondo. Il novizio vive una serie di esperienze forti, chiamate esperimenti, ed è invitato ogni volta a rileggerle dopo averle vissute. Impara pian piano a vedere come il Signore interviene nella sua storia, attraverso situazioni e relazioni che sollecitano le sue buone qualità o i suoi limiti.
Il primo esperimento è il mese di esercizi spirituali: il nucleo incandescente della nostra spiritualità. Il novizio fa esperienza concreta di come il Signore si manifesta nella sua umanità, fatta di pregi e di difetti, di risorse e di limiti. Impara un vocabolario spirituale che lo aiuterà a rileggere ogni altra situazione alla luce di questa esperienza fondamentale.
Gli altri “esperimenti” consistono nell’ situazioni disagiate, dove ci si allena a cogliere la presenza del Signore anche nelle difficoltà.
Il noviziato dura due anni e si trova a Genova. Al termine di questo periodo, il novizio emette i suoi primi voti di obbedienza povertà, castità, dichiarando così il suo desiderio di essere incorporato nella Compagnia di Gesù.
Lo studio è considerato una prima forma di missione a cui si è inviati. Durante questo periodo il gesuita ha modo di personalizzare il proprio metodo di studio, approfondire con passione le materie che più corrispondono al suo orientamento intellettuale e trovare un equilibrio sano tra vita comunitaria, apostolato, preghiera e studio. incomincia a sperimentare le prime forme di collaborazione, sia all’interno che all’esterno della Compagnia. Il filosofato dura due o tre anni e si svolge a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana.
In questa fase, il gesuita viene inserito in una comunità apostolica attiva. L’immersione nel ritmo quotidiano della nostra vita, lavorando a fianco dei confratelli più grandi, facilita il processo di integrazione spirituale e sviluppo umano in tutti i suoi aspetti. Accompagnato nei suoi passi, il gesuita in magistero si misura con la realtà che lo aspetta, ridimensiona l’idealismo della sua vocazione e prende contatto con le sue capacità e i suoi limiti. Emerge il grado di maturità della persona e la sua capacità di assumersi piccole responsabilità. Può durare da uno a tre anni, a seconda delle circostanze. Si svolge in una qualsiasi parte del territorio della Provincia, che comprende Italia, Malta e Albania.
Qui il gesuita si concentra sulla preparazione al sacerdozio. E’ tempo di rileggere la propria esperienza religiosa per verificare l’equilibrio affettivo personale raggiunto, il senso di appartenenza alla Compagnia e l’adesione profonda alla missione nella Chiesa. Lo studio della teologia non è un’assimilazione di informazioni su Dio, ma elaborazione dei contenuti teologici a partire dalle sollecitazioni poste dalla realtà vissuta nella fase precedente. Lo studio della teologia dura in media tre anni e può svolgersi a Roma così come in alcuni teologati internazionali: Madrid, Parigi, Londra. Lo scopo della formazione all’estero è quello di assumere apertura mentale e flessibilità come stile di vita.
La licenza completa lo studio della teologia. Il gesuita in formazione viene ordinato sacerdote e inserito in una comunità attiva. In questo contesto, collaborando con confratelli e laici, continua i suoi studi, specializzandosi per la missione a cui è inviato. Oltre alla licenza, talvolta sono previsti anche degli studi speciali (dottorati nelle scienze o sacre, oppure altre lauree o corsi) a seconda del tipo di missione a cui il gesuita viene inviato. Le esigenze attuali richiedono capacità di lavoro tenace e costante, finezza di discernimento per analizzare la realtà attraverso la nostra visione spirituale e creatività intelligente per comunicare il proprio pensiero. La licenza il più delle volte può avvenire all’estero.
E’ l’ultima tappa della formazione di base del gesuita. E’ la sintesi del cammino sinora percorso, in tutte le sue dimensioni (spirituale, intellettuale, relazionale e esperienziale) in prospettiva dell’incorporazione definitiva alla Compagnia che avviene con gli ultimi voti. E’ un tempo dove rielaborare affettivamente la propria appartenenza alla Compagnia, ripercorrendo le esperienze fondamentali che hanno toccato il cuore: il mese di Esercizi Spirituali, il contatto con i poveri, l’approfondimento delle Costituzioni e l’esperienza dell’internazionalità. Viene fatto all’estero.
La nostra formazione continua tutta la vita. Dopo la formazione di base, il gesuita è sufficientemente maturo per assumersi la responsabilità della propria formazione in funzione della missione che gli è stata affidata. La Compagnia continua a fornire strumenti e opportunità per approfondire ciò di cui abbiamo bisogno per rimanere aggiornati e non perdere il ritmo dei tempi. L’amicizia tra di noi e la condivisione continua facilitano la trasmissione di competenze e risorse che diventano patrimonio comune della Compagnia.