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Gesuiti
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Storie di vocazione

Giuseppe Riggio SJ

La sete di “restituire”

Avevo tutti i motivi per essere soddisfatto: ero ad un passo dal realizzare il sogno di divenire magistrato, nato quando ero adolescente, dopo la morte di Falcone e Borsellino. Invece ero inquieto…

Giuseppe Riggio SJ, gesuita

O voi tutti assetati venite all’acqua,
chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate senza denaro
e, senza spesa, vino e latte.

Isaia 55, 1

Questo versetto mi ha accompagnato in un periodo importante della mia vita. Era il 1999 e avevo appena concluso gli studi di giurisprudenza a Messina, la mia città natale. Avevo tutti i motivi per essere soddisfatto: era un passo importante per realizzare il sogno di divenire magistrato, nato quando ero adolescente, dopo la morte di Falcone e Borsellino.

Inquietudine e ricerca

Invece ero inquieto, mi sentivo “assetato” e quel sogno di una professione a servizio della società mi sembrava all’improvviso piccolo. Pian piano una consapevolezza e una domanda si sono fatte strada dentro di me. Ero cosciente di avere ricevuto tanti doni nella mia vita, a partire dell’affetto della mia famiglia. E allora mi chiedevo: in quale modo posso condividere quanto ho ricevuto? Con questa domanda, che mi spingeva a cercare qualcosa di diverso da quanto avevo fino a quel momento inseguito, è iniziato il cammino che mi ha portato nel 2003 al noviziato della Compagnia di Gesù.

Questo tempo di ricerca che va dalla laurea all’ingresso in noviziato l’ho vissuto a Roma, dove mi ero trasferito per continuare a studiare e per lavorare. Sono tante le esperienze umane e spirituali importanti vissute a Roma: dall’animazione missionaria nelle parrocchie con i comboniani al servizio con i rifugiati presso il Centro Astalli – JRS Italia.

L’esperienza determinante degli Esercizi

Ma una è stata determinante per me: la proposta degli Esercizi Spirituali nella vita ordinaria (EVO) fatta dai gesuiti della Cappella universitaria de La Sapienza. Avevo già sentito parlare degli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio ed ero al contempo curioso e timoroso all’idea di farli. Alla fine ho deciso di aggregarmi al gruppo che si stava formando in Cappella e così ho iniziato a scoprire la spiritualità ignaziana e a diventare più familiare con la Scrittura. Grazie al cammino degli EVO sono cresciuto tanto, soprattutto nella libertà del cuore e nell’ascolto del Signore.

Un desiderio cresce

Con il passare dei mesi mi sono reso conto che diventava sempre più forte e chiaro il desiderio di “aiutare i fratelli come Gesù” (queste erano le parole che usavo) e, con mia grande sorpresa, sentivo che il modo migliore per farlo fosse scegliendo la strada della consacrazione religiosa. Chiedere di divenire gesuita è stato a quel punto spontaneo, perché desideravo condividere con altri il tesoro della spiritualità ignaziana che mi aveva tanto aiutato.

Il cammino di formazione da gesuita

Sono ormai trascorsi diversi anni dal mio ingresso in noviziato e il ricordo di ogni tappa è legato ai volti delle persone conosciute e alle esperienze condivise con loro. Nel noviziato di Genova sono nate amicizie che mi accompagnano fino ad oggi. A Padova, lo studio della filosofia si è unito alla collaborazione con l’associazione Popoli Insieme, dove ho incrociato di nuovo il cammino dei rifugiati politici: da queste persone ho davvero imparato tanto.

Per il magistero sono ritornato a Roma, lavorando presso il Segretariato per la Giustizia sociale dei gesuiti. Per due anni ho respirato appieno la dimensione universale della Compagnia e ho avuto il dono di vivere una breve ma estremamente significativa esperienza missionaria nell’Amazzonia brasiliana.

Poi è giunto il tempo dello studio della teologia a Parigi, in cui quello che vivevo e quello che studiavo si sono intrecciati più e più volte, grazie anche alle domande dei giovani che incontravo per l’apostolato (l’animazione di una casa per giovani in discernimento e l’accompagnamento di un gruppo biblico a Saint-Denis).

Dopo questi continui spostamenti mi sono fermato a Milano da qualche anno, vivendo prima nella comunità di San Fedele e poi in quella di Villapizzone. Il bagaglio acquisito negli anni passati si è fatto ancora più ricco grazie a quanto ho appreso lavorando nella rivista Aggiornamenti sociali e nelle attività pastorali con i giovani.

Una gratitudine profonda

Nell’ultima tappa della nostra formazione, che ho vissuto in Bolivia nei mesi della pandemia, ho potuto fermarmi e ripensare a questi anni vissuti nella Compagnia. La gratitudine è stata grande per il Signore. Grato perché mi continua a chiamare a stare con lui, a lavorare con lui, a riposare e confidare in lui. Grato perché riconosco che si è reso presente nella mia vita là dove non mi attendevo (o dove resistevo), ben al di là delle mie attese. Grato perché mi ha messo a fianco compagni di viaggio unici e preziosi, provenienti da tutto il mondo.

Ero entrato in Compagnia con il desiderio di condividere il bene e i talenti ricevuti. In questi anni ho imparato – e continuo a imparare – che è molto più quanto ricevo di quanto dono.

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